Finalmente libera


Dai manoscritti incompleti di Bernardo Fortuna:


Finalmente libera

Non so come iniziare.
E’ talmente incredibile quello che mi è accaduto che ho bisogno di scriverlo per rileggere e convincermi che non sto sognando.
Ma andiamo per ordine. Mi chiamo Esterina e sono vecchia. Senza ipocriti eufemismi e inutili aggettivi politicamente corretti. Non mi sento anziana o non più giovanissima, mi sento vecchia. E lo sono, dentro e fuori. Semplicemente non ne ho paura.
Lavoravo come curatrice in una galleria d’arte al centro di Roma. Ora non più, causa motivi di salute. Mi correggo, come ho detto, sono per la franchezza. Soffro di narcolessia e, durante l’ultima crisi, mi sono addormentata con la sigaretta accesa, dando fuoco a quasi metà della nuova collezione della nota – lo dice lei - pittrice Ornella Prete, la quale mi ha citato per danni e sto ancora pagando.
Non mi sono mai sposata e ho sempre vissuto da sola. Ho un cane che si chiama Salvatore che non è una cima. Ovvero è un imbecille, ma tiene compagnia.
Tuttavia non è di me, che voglio parlarvi, piuttosto delle mie feci.
Ripeto, non amo i giri di parole. Le parole ci sono e vanno usate, cosicché segue l’errata corrige: voglio parlarvi della mia cacca. Potrei dire anche merda, senza problemi, ma non voglio esagerare.
Tutto è iniziato quando mi sono resa conto che era un po’ che non la facevo.
Pipì regolare, ma di cacca il culo non ne voleva sapere nulla.
Così, sebbene riluttante – non mi piacciono i medici – mi sono recata dalla mia dottoressa, la quale, per mia fortuna, ha lo studio oltre la porta accanto alla mia.
Visitina, medicina e di nuovo nella mia casettina, convinta di aver sistemato la pratica.
Ingenua io, che per l’ennesima volta mi ero fidata di un dottore.
Il farmaco prescritto dal mio medico curante non aveva fatto altro che stimolare il mio desiderio di cacciare fuori dalle chiappe la caccona indesiderata, nondimeno, tutte le volte che mi sistemavo sulla tazza, decisa ad espellere l’intruso, niente di nuovo sul fronte meridionale.
Con questo non voglio assolutamente intendere che il culo stia a sud e il cervello, gli occhi e il viso a nord. Dipende da dove li guardi, può essere il contrario, sia ben chiaro, ma ci siamo capiti, non è vero?
Non perdiamoci in chiacchiere, comunque. Non so se vi è mai capitato qualcosa di simile, ma la mia situazione si faceva insostenibile. La tazza del gabinetto era divenuta un prolungamento del mio sedere, senza scherzi. Sudore freddo, nervi a pezzi, qualche spruzzatina, ma il grosso non si muoveva. Sapevo che c’era, lo sentivo, ero in grado di avvertire quanto fosse importante, ma era come se il buco del mio deretano avesse incontrato per la prima volta un ospite troppo ingombrante per le sue possibilità. Un caccone fuori misura, per essere chiari.
Mi decisi a telefonare a mia sorella, l’unica persona che consideravo degna di essere coinvolta in quel che mi accadeva e lei mi disse quel che già sapevo mi avrebbe detto, anzi, strillato: “Ma che aspetti a tornare dalla dottoressa? Esterina, non fare la ragazzina!”
“Sì, così rifaccio la visitina e mi dà un’altra medicina…” pensai tra me, tuttavia, mia sorella incalzò, presentandomi tutt’altra realtà: “Lo sai che se non la fai ti devono assolutamente operare?”
Panico, non c’è altra parola per descrivere la tempesta che si scatenò in me in quell’istante.
Io sotto i ferri?!
Io addormentata, alla mercé di quattro sconosciuti in camice bianco?
La mia pancia fatta a fettine da un presuntuoso con la mascherina?!
Stavo quasi per svenire, quando la voce alla cornetta mi prese per i capelli: “Esterina…” esclamò mia sorella. “Ci sei?”
“Sì, sono qui…” risposi senza troppa convinzione.
“Vai dalla dottoressa”, ordinò lei. “Subito!”
Che dire?
Esterina Moreschi non si è mai arresa e non lo fece nemmeno contro il gigante di cacca.
Presi provviste, giornali, la radio, portai perfino la televisione in bagno e mi accampai letteralmente sul water, decisa a tutto.
Spinsi, spinsi con una forza sovrumana, prendendo fiato e ricominciando, con l’intenzione di vincere ad ogni costo. Era buio in strada, quando finalmente qualcosa apparve dalla via d’uscita tra le mie natiche, meglio, dal buco del mio culo.
Qualcosa di grosso, qualcosa di estraneo, qualcosa di sbagliato…
Quello non avrebbe dovuto uscire da lì…
Quello non avrebbe dovuto proprio trovarsi lì…
Ero spaventata e inorridita, tuttavia, il desiderio di liberarmi finalmente da quel maleodorante peso era troppo forte. Spinsi e la cosa crollò nel fondo provocando un tonfo spaventoso…