Il suicidio del carcere






Storie e Notizie N. 70

La Storia:

Perdonatemi.
Anzi no.
Cercate di capirmi.
Non ce la facevo più a vivere così.
Vivere, poi, è una parola grossa, enorme, incredibilmente enorme.
Pure sopravvivere sarebbe fuori luogo.
La vita ha a che fare col tempo e dove mi trovo io il tempo non esiste, malgrado quel che vi dicono in televisione.
Quante storie raccontano su di me, quante bugie travestite da mezze verità…
Vi hanno convinto che il mio problema principale è lo spazio che è poco, che la natura della mia condanna è comunque giusta, poiché la pena che mi è stata inflitta fa parte di un destino che io stesso ho scelto.
Vi hanno perfino fatto credere che il mio isolamento è fondamentale per la vostra sicurezza.
In altre parole, ancora una volta vi hanno venduto l’illusione che tutto è stato fatto per il vostro bene.
Ovviamente omettendo un piccolo ma significativo particolare: chiunque di voi, in qualsiasi momento, potrebbe trovarsi al mio posto.
Allora forse vedreste le cose con una luce differente.
Finché la luce rimane accesa, è ovvio.
Il fatto è che io sono stanco, stanco di mentirvi e di mentire a me stesso.
La cosa più importante, che nessuno avrebbe mai dovuto negarmi, la conoscete perfettamente.
La speranza...
La speranza in uno stipendio migliore o anche solo un salario che sia tale, una macchina nuova o anche solo un'auto che cammini, una casa più grande o anche solo un tetto che non sia una tenda, come tante ormai dimenticate nel freddo dell’inverno.
Questo forse vale per voi, poiché a me sarebbe stata sufficiente la sola, mera speranza, senza chiedere nulla, aspettandosi niente o qualsiasi cosa, invariabilmente.
Speranza…
Quella forza invisibile che tiene gli occhi aperti al mondo dietro l’angolo, perfino quello di una cella.
Quella brezza vitale che ti spinge ad un respiro dopo l’altro e che ti aiuta a sopportare tutto, poiché anche nel peggiore dei momenti possibili, essa trova l’amore sufficiente per sussurrarti che prima o poi la guerra finirà, il dolore cesserà e ci sarà finalmente un dopo.
Speranza…
Non pensavo di essere così colpevole da non meritarne neppure una.
Ciò nonostante, se ho deciso di farla finita, è proprio affinché il mio gesto vi costringa a rendervi conto che ciò di cui mi avete privato, l’avete tolto anche a voi.
Ma per voi c’è n’è ancora di speranza.
La mia fine vi libererà e scioglierà le catene a tanti, alcuni addirittura imprigionati ingiustamente, molti di più di quelli che potete immaginare.
Non ho idea per quanto durerà, ma non lasciatevi scappare questa occasione.
Si può fare di meglio, tutti possiamo fare di meglio.
Sarà sufficiente rammentarsi il vero motivo per il quale io e tutti voi siamo nati.
Addio.

Il carcere


Giuseppe Saladino era ai domiciliari per avere razziato monetine dai parchimetri. Sorpreso fuori casa, era tornato nel carcere di Parma il 6 ottobre alle 17. Nella notte il decesso. Poi la telefonata alla madre in cui il direttore le parla di arresto cardiaco, ma nel verbale scrivono: assunzione di stupefacenti. La madre: "Cos'è successo veramente? Se stava male perchè l'hanno messo in cella?".

Storie e Notizie: storie, frutto della mia fantasia, ispiratemi da notizie dei media.

Lo spettacolo, 26 Novembre 2009 a Roma.