Lista Polverini esclusa e il colpevole confessa

 
Storie e Notizie N. 129

La Storia:

I guai per il PdL sembrano non finire mai.
Il listino della candidata presidente Renata Polverini è stato escluso dalla Corte d'Appello.
La causa sarebbe l'assenza della firma di uno dei rappresentanti di lista.
Ad essere precisi, stiamo parlando di una doppia firma: quella congiunta del coordinatore regionale del PdL Vincenzo Piso (ex Alleanza nazionale) e del vice coordinatore regionale Alfredo Pallone (ex Forza Italia).
Tuttavia, Berlusconi non ha gradito.
Le sue reazioni sono tutto un programma: Senza me non sanno far nulla! e Basta sciatteria!, per dirne due a caso.
Inoltre ci si è messo pure Fini a fargli perdere le staffe, con il classico carico da 90: “Così com’è il PdL non mi piace…”.
Per questo motivo il presidente del consiglio ha incaricato una vecchia volpe come Niccolò Ghedini di indagare sull’accaduto e quest’ultimo, dopo una strenua ricerca, è riuscito a ricostruire i fatti che hanno portato al pasticcio Polverini.
Ghedini, ricevuto dal premier, passa subito ai fatti, com’è suo solito.
Chi lo conosce, sa bene quanto odia perdersi in chiacchiere.
Ecco la cronaca del loro incontro:
“Boss”, fa l’avvocato pronto a leggere sui suoi appunti, “ho capito cosa è successo…”
“Niccolò”, lo rimprovera Silvio con sguardo severo, “quante volte ti devo dire di non chiamarmi boss?!”
“Mi scusi…”
“Sono Presidente, ora, lo vuoi capire o no? Se non la smetti, allora io ti chiamo Lurch, ti va bene così?”
“D’accordo. Mi perdoni, presidente…”
“Avanti, non perdiamo tempo. Raccontami cosa hai scoperto…”
“Ecco, come lei avrà avuto modo di leggere sui giornali, il listino di Renata non è stato ammesso perché mancava una firma, anzi due: quella del nostro Alfredo Pallone e del loro Vincenzo Piso…”
“E allora?”
“Allora, la sera prima dell’ultima mattina disponibile per apporre la firma, Pallone ha telefonato a Piso e siccome l’indomani doveva andare dal dentista gli ha chiesto il favore di firmare anche per lui. Non sarebbe proprio regolare, ma questo è.”
“Okay. E quindi?”
“Piso non si è presentato.”
“Lo sapevo io! Lo sapevo io che di questi ex An non ci si può più fidare…”
“No, boss… ops, cioè, presidente, Piso voleva andarci… ma quel giorno si è svegliato con il colpo della strega e ha comunque trovato un rimedio…”
“Quale?”
“Ha telefonato al bar davanti all’ufficio dove si consegnano le firme e siccome è un cliente storico, ha chiesto al garzone che porta sempre la colazione agli impiegati – tale Ermanno Cotica - di pensarci lui. Oltretutto è un nostro elettore…”
“Ottimo. Viva il popolo. Il popolo è la nostra forza!”
“Sì, però c’è stato un contrattempo…”
“Perché? Il Cotica è stato forse rapito da una banda di luridi no global dei centri sociali?”
“No…”
“Lo hanno preso quei forcaioli del popolo viola?!”
“No…”
“Non se lo saranno mica mangiato vivo un gruppo di radicali in una pausa tra uno sciopero della fame e un altro?”
“No, mi lasci spiegare. Il giovane ha chiesto al proprietario del bar di assentarsi cinque minuti per svolgere la missione, ma il tipo gli ha detto di no, perché quella mattina c’erano tanti clienti e non poteva rimanere da solo…”
“Maledetto comunista…”
“No, anche lui è dei nostri… il fatto è che il barista è pieno di debiti e non poteva permettersi di rallentare il lavoro.”
“E allora cosa è successo?”
“Il Cotica è uscito lo stesso, perché ci teneva a tener fede alla parola data a Piso.”
“Bravo ragazzo! Voglio conoscerlo…”
“Aspetti, che non è finita. Il giovane, mentre il principale lo ha minacciato di licenziarlo se si fosse allontanato, si è diretto spedito all’ufficio con il vassoio e alcune finte ordinazioni. E’ entrato dentro, è arrivato alla porta della stanza con i verbali, ha consegnato cappuccini e caffé ai presenti dicendo che era un omaggio del bar e poi si è ritrovato davanti al librone delle firme aperto e incustodito, con tanto di penna nel mezzo. Perfino senza tappo…”
“Un mito, questo Cotica. Lo voglio nel partito!”
“Senza fretta, presidente… le ricordo che la lista della Polverini è stata esclusa perché le firme di cui sopra non sono state apposte…”
“Già… ma cosa è successo, allora?”
“Stamattina sono andato al bar è ho visto il Cotica al bancone. Così mi sono avvicinato e gli ho chiesto spiegazioni…”
“E cosa ti ha detto?”
“Ha risposto che quando stava per firmare ha fatto un ragionamento che lo ha convinto a tornare di corsa al bar e cercare di farsi perdonare dal principale e riavere il posto, cosa che è effettivamente accaduta.”
“Quale ragionamento?”
“Le sue parole esatte sono state queste: non sono io che devo rischiare di perdere il lavoro per permettere al mio partito di sopravvivere, ma è il contrario…”



Storie e Notizie: storie, frutto della mia fantasia, ispiratemi da notizie dei media.

Il popolo e la tragica storia d'Italia, Sabato 20 marzo 2010 a Roma.