Licenziamenti facili manovra: ecco come funziona la riforma

Storie e Notizie N. 454

C’era una volta un paese.
Qualunque paese, dico veramente in generale, che non si dica poi che sono di parte.
Il governo del paese un giorno annunciò che per il bene dei cittadini – il solo ed unico motivo dell’esistenza di quel governo – occorreva introdurre una regola: i licenziamenti facili.
“Come sarebbe a dire?!” esclamarono in molti, alquanto alterati. “Noi siamo già senza lavoro, licenziateci un altro po’…”
Ahi loro, vennero ignorati.
D’altronde, come diceva la canzone, chi non lavora non conta o così mi sembra.
Ovviamente, quelli che un impiego invece l’avevano iniziarono seriamente a preoccuparsi.
Tuttavia, il governo dichiarò di voler andare dritto per la propria strada, facendo il tipico discorso che fanno i governi nelle situazioni difficili: “Cittadini! Come tutti voi ben sapete, viviamo tempi duri. Come disse Kennedy, non chiedete cosa possa fare il paese per voi: chiedete cosa potete fare voi per noi…”
“E che possiamo fare se siamo senza lavoro?!” urlarono in tanti, ancora una volta trascurati per la canzone di cui sopra, mentre i fortunati con un minimo di stipendio avvertirono la prima goccia di sudore freddo sulla fronte.
“Siete tutti quanti a conoscenza della grave congiuntura internazionale”, proseguì il governo. “E’ il mondo ad essere in crisi, non solo noi. Li leggete i giornali, no?”
“Ma se siamo senza lavoro”, obbiettarono in molti, “con quali soldi li compriamo i giornali?!”
Come se nessuno avesse emesso un fiato, mentre chi aveva ancora un’occupazione propose di iniziare ad affilare i forconi, il governo continuò, cercando di arrivare al punto: “Amici, gli anni che ci aspettano richiedono grandi sforzi. Come disse lo zio Ben a Spiderman, da una grande crisi derivano grandi responsabilità. Ecco perché, sebbene con grande sofferenza, abbiamo deciso di permettere ai datori di lavoro i licenziamenti facili.”
Le reazioni di disoccupati e occupati vi sono già note.
“Sì, i licenziamenti facili”, ripeté il governo. “La crisi è la crisi e, come dice il proverbio, a mali estremi, estremi licenziamenti.”
“Infami!” gridarono i tanti senza lavoro, per l’ennesima volta non uditi.
“Cosa vuol dire licenziamenti facili?” domandarono invece quelli con ancora un impiego.
“Semplice”, rispose il governo. “Al fine di rendere flessibile il mercato, come la moderna finanza richiede, per motivi economici i datori di lavoro avranno la libertà di licenziare in qualsiasi momento chiunque e con qualsiasi tipo di contratto.”
“Adesso passiamo ad altro: vogliamo esprimere il nostro cordoglio per i morti a causa del maltempo…”
“Bastardi!” strillarono i soliti, mentre gli occupati cercarono di rimanere sul punto: “In che senso per motivi economici?”
“E’ chiarissimo”, rispose il governo stupito. “Una realtà in crisi e oberata dai debiti ha il diritto dovere di ridurre il personale se questo vuol dire sopravvivere.”
“Vergogna!” urlarono in tanti, inoccupati o meno, allorché uno di loro, con la voce più alta si fece largo tra la folla e gridò a squarciagola: “La realtà più in crisi e oberata dai debiti siete voi! Voi siete i primi a dover essere licenziati per farci sopravvivere…”
E fu così che il governo decise di ignorare tutti, dal primo all’ultimo.

La Notizia (da La Repubblica): Lavoro più flessibile, tagli agli statali, accelerazioni su fisco e province.