Incandidabilità parlamento regole: testo normale e non

Storie e Notizie N. 771

Mettiamo caso di trovarci in un paese normale.
Sì, facciamo caso che il nostro paese sia paragonabile alle cosiddette grandi democrazie.
Ebbene, parlando delle regole per stabilire la candidabilità di un qualsivoglia cittadino alla carica di parlamentare, primo, sarebbero già state decise da tempo, da molto tempo. Secondo, sarebbero facilmente sintetizzabili in un singolo requisito: il possesso di una fedina penale illibata.
Senza se e senza ma.
Tuttavia, dato che il nostro paese è tutto tranne che la terra della normalità, tali regole non sono state affatto fissate in tempi non sospetti, figuriamoci quelli sospetti.
E allora ci vogliono discussioni, cavilli, emendamenti, è necessario un testo, un complesso testo che sia in grado di mettere d’accordo tutti.
Per comprendere al meglio tale anomalia chiedo ancora una volta il parere dell’illustre politologo che mi pregio di avere tra i collaboratori del blog, il professor Giovanni Sartoris:


Ah, le anomalie della politica. Sono da sempre argomento privilegiato di studio da parte di noi cattedratici. Ebbene, il caso italiano qui sopra introdotto mi riporta ad un fatto risalente alla Grecia del 500 avanti Cristo che presenta alcune significative analogie. Si narra che un giovane, desideroso di apprendere l’arte del legislatore, chiese al celebre Solone di poter fare praticantato con lui e di quali fossero i requisiti che avrebbe dovuto possedere per ricevere tale onore. Solone lo osservò per qualche istante in silenzio e poi rispose: «Se io ti dicessi che per poter essere tra i miei praticanti occorre essere alto almeno un metro e ottanta centimetri, con i capelli ricci naturali, ambidestro, capace di preparare la moussaka, saper parlare otto lingue, essere capace di fare il salto mortale in avanti e all’indietro da fermo, ripetere qualsiasi frase al contrario e recitare a memoria l’Odissea, cosa penseresti?» Ovviamente il ragazzo, peraltro un tappetto gracilino con i capelli a caschetto che sapeva a mala pena il greco, ne fu frustrato e replicò: «Mio Solone, penserei che in questo modo tu intenda offrire la meravigliosa possibilità di imparare da un maestro quale tu sei esclusivamente ad una ristretta cerchia di persone…» Solone sorrise e ribatté: «Ti sbagli, ragazzo mio. Se io ponessi tali criteri vorrebbe dire che non ho alcun desiderio di avere praticanti.» «Mio Solone», obiettò il giovane, «però, dei criteri per la tua scelta dovrebbero esserci. Mica puoi accogliere chiunque. Qui ad Atene ci sono tanti poco di buono…» «Hai perfettamente ragione, ragazzo», disse Solone, «ecco perché io ho un criterio, uno solo: l’onestà.» A buon intenditor…