A piedi dagli Usa al Brasile palleggiando: la vera storia di Richard Swanson

Storie e Notizie N. 926

Questa è la storia dell’uomo che dribblava.

Tutto.
Anche la morte.
Richard Swanson iniziò il suo viaggio il primo maggio del 2013, dalla sua casa di Seattle, Washington, Stati Uniti d’America.
Sedicimila chilometri fino in Brasile, a San Paolo, giusto in tempo per il fischio d’inizio dei mondiali di calcio 2014.
Palleggiando e dribblando, con il suo amato pallone incollato ai piedi, come si dice dei campioni affermati.
Perché?
Potrei dirvi che Richard lo avrebbe fatto anche privo di una valida ragione, perché coloro che amano non hanno bisogno di motivi, altrimenti non è mai vero amore.
E il nostro adorava il proprio pallone e con esso avrebbe affrontato qualunque nemico, palleggiando e dribblando.
Perfino quando era stato licenziato e con due figli si era ritrovato a quarant’anni a dover riscrivere presente e soprattutto futuro, per se stesso e per le vite che da lui dipendevano.
E’ in quel momento che si è rammentato di quando da ragazzo giocava nei Seattle Sounders, di quei meravigliosi giorni in cui per ribaltare un esito sfortunato sarebbe bastato calciare una palla dritta in rete.
Portiere permettendo, è ovvio.
La visione, l’intuizione o il sogno, chiamatelo come volete, giunse in quell’istante, mentre da solo, in soffitta, ammirava con un accenno di nostalgia dipinto negli occhi la maglietta e il pallone impolverati.
Un uomo, una palla, 10 mila miglia, ecco cosa mi attende, pensò.
Così parlò subito a moglie e figli del suo proponimento, dichiarando di sentirsi destinato a questo importante viaggio.
Per se stesso e per loro, poiché solo un uomo che trova il senso della propria esistenza è capace di darlo a quella del prossimo, figuriamoci se tra questo prossimo si trovano coloro a cui tiene maggiormente al mondo.
Come vi ho detto, Richard lo avrebbe fatto in ogni caso, questo viaggio, ma decise che ne avrebbe donato i frutti all’organizzazione benefica californiana One World Futbol Project, la quale si occupa tra le altre cose di regalare palloni da calcio indistruttibili ai ragazzi che vivono nei paesi in via di sviluppo.

Il primo di maggio, zaino in spalla, sacco a pelo e pallone, Richard si è messo in marcia, dopo aver abbracciato e salutato commosso i suoi cari, e ha iniziato a palleggiare e più che mai a dribblare.
Perché questa è la storia dell’uomo che dribblava.
Tutto.
Potrei concludere questo racconto amaramente, dicendovi che questo martedì, dopo soli 430 chilometri, presso Lincoln City, nell’Oregon, mentre viaggiava sul ciglio dell’autostrada US Highway 101, Richard è stato investito da un camioncino ed è morto.
Tuttavia non lo farò.
Niente e nessuno potranno mai fermare l’uomo che dribblava.
Perché niente e nessuno potranno mai fermare un sogno.
E se per caso l’anno prossimo vi troverete a San Paolo nel giorno dell’inizio dei mondiali di calcio, quando nello stadio l’arbitro si accingerà a suonare il fischietto e le squadre sistemeranno il pallone sul dischetto, ne sentirete un altro rimbalzare.
Di gioia, vera gioia, altro che gol.
Ma ormai sapete già di chi si tratterà.
Richard, l’uomo che dribblava.
Tutto.
Anche la morte.
 



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