Tra Je suis Charlie e il silenzio

Storie e Notizie N. 1176 

Giorni faticosi, per scrivere, questi.
Nessuna lamentela, sia ben chiaro, perché i veri drammi sono altri.
C’è gente che soffre, là fuori.
C’è gente che muore, là fuori, prima della Tragedia con la t maiuscola su tutti gli schermi e, ahi loro, anche l’indomani.
Il giorno seguente e quello successivo.
Va così, non mi ripeterò per l’ennesima volta a riscriverlo.
Il silenzio, avevo scelto il silenzio e una parte di me ancora lo ritiene il lato migliore da dove guardare le cose.
Per sentire e capire.
Nondimeno, osservando il disegno che man mano si compone intorno ai fatti, o meglio, alla loro rappresentazione, è cresciuto in questi giorni qualcos’altro.
Il dovere di dire la mia, al di là dei meri bisogni.
Ma, perdonatemi, quello che narrerò è piuttosto un non dire la mia.
Bensì, raccontare la vostra, che come il sottoscritto siete seduti in platea ad assistere al terribile spettacolo.
Ecco, immaginiamoci così, tutti seduti su delle più o meno comode poltrone in un immenso cinema con un colossale schermo che brilla di vita, di morte, e più che mai di parole e immagini.
Noi non siamo lì dentro.
Noi siamo quelli che guardano.
Il rumore si fa forte, il volume è alle stelle e fin dall’inizio in molti non possono fare a meno di unire al frastuono la propria voce.
Ecco, ci provo a capire meglio.
Je suis te, adesso, che scrivi Je suis Charlie.
Io sono Charlie, ci provo, davvero.
Con la matita spezzata o ricomposta, come preferisci.
Vorrei essere te, mi sembri quello dalla parte del giusto.
Io, in quanto te, sono quindi per la libertà di espressione oltre ogni limite.
Un esempio perfetto? Se in questo preciso momento qualcuno si sognasse di fare una vignetta che irridesse i disegnatori morti, non avrei nulla da dire.
Sarebbe un sacrosanto diritto.
E se qualcuno provasse in qualsiasi modo ad aggredire il satiro estremo, mi schiererei con lui.
A fargli da scudo.
Perché io sarei Charlie tutti i giorni, non solo quando lo sono tutti quelli che contano.
Io sarei stato Charlie anche e, soprattutto, quando Charlie era vivo.
Tuttavia, oggi non sono tutti Charlie allo stesso modo.
Più sono grandi le bandiere e più sono coloro che si nascondono dietro di esse.
Ci sono quelli che gridano di esserlo per dire basta al terrorismo islamico.
Che ci ricordano che stiamo vivendo uno scontro di civiltà.
Tra fedi.
Cristiani ed Ebrei da una parte e Musulmani dall’altra.
Inutile ricordare a costoro che un miliardo e mezzo di persone che al mondo pregano Allah è seduto in queste ore accanto a noi, tra le poltrone di cui sopra.
Sono come noi, pubblico testimone di fronte all’inferno che va in scena.
E oggi, come farseli mancare, sono Charlie anche quelli che non perdono l’occasione per trovare appiglio per la loro missione a difesa del suolo nazionale dal migrante invasore.
Colpevole, se non altro, di essere diverso dall’uguale.
Inutile ricordare a costoro che la maggior parte, ma che dico, tutte le persone che in qualche modo sono additabili come estranee sono in queste ore sedute accanto a noi, tra le poltrone di cui sopra.
Sono quasi come noi, pubblico testimone di fronte all’inferno.
Solo molto più a rischio di discriminazione, da oggi.
E io?
Io non so se sia Charlie o meno.
Non ho idea se lo fossi ieri e se lo sarò domani.
Di sicuro, mi dispiace, non sono te, caro je suis Charlie.
Che è qualcosa di differente, spero si capisca.
Chi sono io innanzi alle terribili tragedie del mondo che, sottolineo, accadono ogni secondo della nostra vita, è una domanda che mi pongo da tempo.
Vorrei avere la tua sicurezza nel rispondere, ma non ce l’ho, scusami.
Nel frattempo studio, osservo, leggo e guardo.
E provo a scrivere.

Vieni ad ascoltarmi dal vivo allo spettacolo che accompagna il mio ultimo libro, Roba da bambini, Tempesta Editore: Sabato 24 gennaio ore 17, Libreria Koob, Roma.
 


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