Storie di razzismo viste da lontano

Storie e Notizie N. 1453

Il ministro degli Esteri indiano ha condannato pubblicamente gli scontri “razziali” verso studenti africani nei pressi di Delhi di questa settimana. Tra le vittime una ragazza keniota, la quale racconta di esser stata trascinata giù da un risciò e malmenata da un gruppo di uomini.

C’erano una volta te, loro e gli altri.
Dove te siamo noi, tanti, talvolta troppi.
Dove loro sembrano sempre tali, perfino nel caso si tratti di uno solo.


E dove gli altri sono semplicemente gli altri.
Tutto fuorché noi.
Te e io.
Dicevo, c’erano una volta, già.
Ne parlammo, ne scrivemmo e, soprattutto, ne leggemmo e ne vedemmo delle brutte.
Unicamente belle e più che mai proficue solo per i parassiti di sfortune legalizzate, i quali vedono levare in alto le proprie torbide azioni qualora gli ultimi di questo mondo scendano tristemente di gradino nella scala di umana comprensione.
La storia più comune è semplice, sebbene le parole, per quanto illuminate, e le immagini, financo suggestive, siano spesso vane: te, noi, risultiamo intolleranti e brutali, insensibili e talvolta crudeli, ma andiamo capiti, no? Perché loro
Perché loro, se te li figuri tutti insieme, raccolti in una volutamente confusa macchia sul bianco del vestito, è difficile che possano trovare ausilio nella coscienza come nella ragione.
Allora, te, noi, i molti tra i pochi con indosso il suddetto candido abito, proviamo a osservare la moderna farsa da lontano.
Guardiamo cosa accade tra loro e gli altri, che tali sono per te, per noi, anche da vicino.
La vedi l’assurdità del racconto più venduto di questi tempi e più che mai attuale in vista di elezioni o popolari espressioni di democrazia salottiera?
Quelli che abitualmente non distingui, e con epocale pigrizia rimesti nella già citata fastidiosa miscela, appaiono in ben altra scena, altrettanto folle, su opposti versanti.
Nell’ennesimo, distorto disegno, loro sono te, noi.
E gli altri sono loro, gli altri di qualcun altro.
Che non sei te, non è noi, ma interpreta il medesimo ruolo del carnefice.
Comprendi or ora l’ottusità della visione miope?
Ai tuoi occhi, i nostri, sempre di fretta innanzi all’essenziale e al contempo ossessivi nelle fissazioni più errate, il colore della pelle è praticamente lo stesso.
Così come gli occhi accesi, gli abiti insoliti, la lingua aliena e la religione differente.
Come si permettono di essere razzisti senza le logiche e ormai giustificate ragioni?
Saranno pazzi, potresti pensare.
Questo potremmo dedurre.
E forse la verità non sarebbe lontana.
Perché questo è ciò che accade, quando c’era una volta e c’è ancora oggi.
La storia di te, noi che ci arroghiamo l’insano diritto di sfogare i nostri patimenti e la nostra ignoranza su coloro che peccano della più imperdonabile delle differenze.
Quella di essere più poveri di noi...