Il tesoro alla fine

Storie e Notizie N. 1518

In Giappone una ragazza ha citato per danni il governo di Osaka dopo che la sua scuola le ha ordinato di tingere i capelli di nero, requisito obbligatorio richiesto a ogni studente, pena l’esclusione.
La giovane, che ha capelli castani al naturale, ha dichiarato che, a causa dello stress e l’angoscia per l’assurda costrizione, si è ritrovata varie eruzioni cutanee sul capo.
Da cui, la favola…



 
C’era una volta un cielo.
Non, il cielo, la perfetta volta celeste che tutto ha visto e tutto, prima o poi, racconterà.
Mi riferisco a qualcosa di disegnato dal basso, con nessuna ambizione verso ciò che rende le forme e i contorni dell’umano creato degno dell’occhio quanto del cuore.
Leggi pure come l’ingenuo, commovente coraggio di immaginare il mondo come dovrebbe essere.
Nel cielo, non il cielo, di questo racconto tutto proseguiva secondo l’ordine concesso.

Ciascuno dei presenti rispettava i confini del proprio regno naturale, così come i tempi per la vicinanza e la lontananza, che non sono altro che lo stesso modo per scoprire quanto davvero la misteriosa forza centripeta tenga insieme l’universo.
L’amore, già, ancora lui.
Un giorno, indubbiamente singolare, si presentò sulla scena l’ospite inatteso.
Gli sguardi delle stelle si levarono compatti, fusi come un sol muro dai soliti ingredienti, disdegno e paura.
Invocato a prender provvedimenti, il sole sgridò immantinente il nuovo arrivato, usando come pretesto la prima nota dissonante a portata di rifiuto.
“Tu, con quel rosso! Non va bene, toglitelo subito di dosso, altrimenti scompari innanzi ai nostri occhi.”
L’interessato teneva assai a essere accettato e si allontanò trafelato, per obbedire alla pretesa.
In fondo, pensò, trattasi di veniale rinuncia, in cambio dell’agognata, celestiale cittadinanza.
Tuttavia, non appena fu tornato sui suoi passi, si rese conto che la strada per la tolleranza popolare era ancora lunga e impervia.
“Dico a te”, esclamò di nuovo il sole, sobillato dagli astri presenti, “quell’arancione è fuori luogo. Vedi di privartene, se vuoi restar con noi.”



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Il nostro accusò il colpo e accolse l’invito, per quanto sgradevole.
Voleva maledettamente far parte dello spettacolo primario, un altro sacrificio valeva la pena.
Nondimeno, una volta riapparso sull’eterea piazza, la reprimenda si ripeté.
“Fermo dove sei, scellerato”, strillò ancora il sole, prontamente spalleggiato dalle ronde cosmiche, iniziativa spontanea a baluardo dell’omogeneità cromatica. “Quel giallo è inopportuno. Cancellalo da te al più presto, se ti preme il nostro spazio.”
Il poveretto fece dietro front e accontentò il luminoso sovrano.
Ciò malgrado, nell’istante in cui fece di nuovo capolino nel cielo, il solito rimprovero lo colse.
“Via quel verde, bizzarra creatura”, berciò il sole, immediatamente applaudito dall’Associazione per la tutela delle tinte unite. “Le nostre pupille mal sopportano siffatte sconcezze.”
E cosa fece l’escluso?
Tagliò via anche quell’ennesima, naturale parte di sé.
Capita, capita spesso, laddove la solitudine sia il punto più debole che hai.
Così, una volta provveduto, il possibile nuovo amico di tutti rientrò in gioco.
“Ma allora proprio non comprendi?!” gridò il sole iroso, e forse anche un po’ divertito dall’unico, triste passatempo che aveva rotto l’inerte monotonia della sua esistenza. “Il blu è permesso solo al cielo. Con quale ardire pretendi di sfoggiarlo su di te? Liberatene subito, e già che ci sei fai lo stesso con quel viola, che tra l’altro porta pure male a teatro.”
“Ma come dovrei vestirmi?” trovò finalmente la forza di ribattere il forestiero.
“Semplice”, rispose la luna, parlando a nome degli altri abitanti di quel cielo, fortunatamente non il cielo. “Del colore di cui tutti noi siam fatti e intessuti, ovvero, la bianca luce.”
Il nostro si allontanò mesto, col capo chino, e ormai giunto a quel punto di esasperazione della propria aspirazione, girò le spalle per l’ultima, sciagurata volta all’insostituibile propria ricchezza.
E fu esattamente così, via il rosso e via l’arancione, basta con il giallo e lo stesso con il verde, non più blu e tantomeno viola, che l’arcobaleno si dissolse nell’aria, come se non fosse mai esistito.
E nessuno fu in mai grado di scoprire di quali sconosciuti colori fosse composto il tesoro che ci avrebbe regalato alla fine...


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