Storie di bambini: il ragazzo colpevole

Storie e Notizie N. 1140

14enne ha accoltellato il compagno alcolizzato della mamma perché stava picchiando con schiaffi e calci i due fratellini e la sorellina.

Sì, signor giudice.
Sono colpevole.
Ho afferrato l’arma e ho colpito.
Di questo non sono affatto innocente.
Ma non solo.

Sono colpevole di rabbia.
Rabbia accumulata in anni.
Mesi e giorni.
Ore.
Minuti.
E più che mai interminabili secondi vissuti innanzi ad orribili messe in scena da spettatore inerme.
Giammai vile.
Di sicuro impotente.
Ma non cieco.
Magari lo fossi stato.
Non per chi amo, ma almeno per me.
Per il mio giovane cuore massacrato che, per buona sorte o meno, ancora batte.

Sono colpevole di paura.
Sì, so che il più delle volte possa suonare come una puerile giustificazione, ma non è il mio caso.
Ha agito per paura, potrei richiamare quale didascalia.
No, non lo farò.
Non posso neanche se lo volessi.
La paura è un’emozione del momento, evocabile quale scusa se di tale si tratti.
Un’emozione, ovvero uno spontaneo quanto involontario movimento interno che prenda il controllo di ragione e corpo al contempo.
La mia paura è lì, sempre, da tempo ormai immemore.
Da troppo, in effetti.
E’ sempre lì.
Quindi non mi difenderò dietro il tremore delle gambe o il gelo lungo la schiena.

Sono colpevole altresì d’amore.
Amore fraterno, è chiaro.
Scontato, direbbe lei.
Perché amare i propri fratelli non è cosa originale.
Tuttavia, anche l’amore si colora di esperienze varie e sono proprio le tonalità della vita vissuta a rendere unico il più trascinante dei sentimenti.
Sfortunatamente, alcuni tra noi si ritrovano lungo il viaggio attimi che costringono quest’ultimo a vedere cose che non dovrebbe.
Perché l’amore non c’entra nulla con un padre, naturale o improvvisato, che provochi violenza su carne imberbe.
Questo però non impedisce al destino di farti trovare lì.
Seduto in prima fila, ad osservare il tuo amore preso a pugni.

Ecco, perché sono colpevole anche di odio, signor giudice.
Odio per questo teatro.
Per questi attori.
Per il maledetto autore di un copione crudele.
Al quale ho dovuto finalmente obbedire.
Perché chi soffre per le sofferenze altrui prima o poi si arrende alla sceneggiatura già scritta.
Al finale già deciso.
Egli sarà colpevole di dolore.
La mia più grande colpa è proprio quella di non esser stato capace di controllare il dolore.

Mi affido alla giustizia, signor giudice.
Quella dell’uomo.
E quella del tempo.
Che possa scrivere altro.
Per me.
Ma soprattutto per loro.
I miei cari fratelli.
E la mia dolce sorella.

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