Storie di bambini: il valore che dai

Storie e Notizie N. 1196 

Succede a Messina, in Sicilia.
Non nelle esotiche terre agli antipodi del salotto buono.
Una coppia ha pagato 30.000 euro per comprare un bambino romeno di otto anni.
E la transazione sarebbe andata a buon fine, senza l’intervento dei carabinieri.
Mi chiedo, sarebbe stato un affare?
Qual è la quotazione di mercato di un bambino?

Allargo lo sguardo.
Ma che dico, espando l’inquadratura allo spasimo.
Fino a mettere a dura prova i confini dell’immaginazione.
Perché ce ne vuole di astrazione per figurarsi un siffatto emporio.
Entro, cauto, entro.
Avanzo e li vedo.
Ci provo, a guardarli
Uno scaffale, uno come tanti.
E quel come brucia là dove resiste quel che strenuamente difendo dentro di me.
Quel che spero di avere ancora oggi e ogni domani che seguirà.
Sono lì, in molti.
Incartati con cura, ma anche confezionati di fretta.
Avvolti in carta luccicante, ma pure rinchiusi in anonimi sacchi di rete.
Ce ne sono in offerta tre al prezzo di due.
E ce ne sono in formato famiglia.
Ci sono perfino in versione light.
Senza zucchero e senza quel che vuoi.
Soprattutto senza farsi troppi problemi.
Senza lacrime, che non piacciono mai a nessuno.
Laddove l’auto sia in doppia fila e hai visto mai che mi becco pure la multa per questo qui.
Questo qui.
Mi avvicino proprio a lui.
Forse perché è l’unico che rimandi lo sguardo.
Prodotto che spicca per assenze, piuttosto che opulenze, paradosso commerciale che definirei unico.
E’ apparentemente libero tra i prigionieri.
Scevro dall’inganno di carta e colori, menzogne e illusioni.
Eccomi, sono a un passo.
La mia voce trema, ma le do una sberla.
Non puoi permettertelo, le sussurro con affetto, tieni a bada ogni fragilità che potrebbe solo offendere le anime frantumate che ci sono innanzi.
“Dimmi”, chiedo quindi al bambino diverso, non scorgendo alcuna etichetta o targhetta indicativa, “qual è il tuo prezzo? E’ forse trentamila euro?”
“Così tanto?” ribatte abbozzando un sorriso che sa quasi di orgoglio. “Vediamo”, prosegue, “mani e braccia almeno diecimila euro al paio. Le braccia abbracciano e le mani maneggiano, i polpastrelli leggono il mondo e le dita liberano il naso da indesiderate presenze, il che non guasta mai. Gambe e piedi altri diecimila, si corre, si cammina, e soprattutto si consumano calze e scarpe, che qualcun altro ci guadagna anche di più. Cinquemila euro per il busto e mi voglio rovinare, guarda: faccio finta di non sapere che dentro ci siano lo scrittore famoso e il suo sconosciuto Ghostwriter, rispettivamente cuore e pancia. Crepi l’avarizia, per i cinquemila euro che rimangono ci metto pure la testa. Tanto, vista l’età, quanta memoria vuoi che appesantisca il cervello? Ecco fatto, trentamila euro.”
“Ma è tutto qui, quello che sei?” domando come se volessi disperatamente una risposta negativa.
“Non lo so”, mormora lui, come se non volesse disturbare gli altri, “nessuno di noi lo sa. Noi siamo il dono il cui prezzo lo scrivete voi. Trentamila, ma anche diecimila, un euro, se preferisci. Ma se pensi che valga di più di quel che vedi, cosa ci fai qua dentro?”
Mi allontano, saluto e mi allontano.
Esco e prendo tra le mani quel che ho immaginato possibile.
Lo stringo, con livore lo stringo.
E lo faccio a pezzi.
Sperando che con il sogno.
Scompaia anche l’incubo.

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