Storie sulla penad i morte: Paula Cooper la più giovane condannata a morte

Storie e Notizie N. 1230

Negli stessi giorni in cui il repubblicano Nebraska ha abolito la pena di morte, Paula Cooper, la più giovane condannata a morte negli Stati Uniti per l’uccisione di un’anziana insegnante di religione, è deceduta. La sedicenne che vide la propria sentenza commutata in 60 anni e poi 28 per buona condotta, grazie anche ad un notevole sostegno internazionale, si è tolta la vita dopo due anni di libertà.

C’erano una volta quelli che avevano ragione.
Che l’hanno ancora.
Che, poi, sono tutti.
Perché tutti, nel profondo, sanno di aver ragione.

Quelli che oggi rinfacciano che allora la morte di stato la meritasse, eccome se la meritasse.
La donna che un tempo è stata un’adolescente.
Un’adolescente, ma pur sempre assassina.
E quando lo sei una volta per molti lo sarai per sempre.
Sia adolescente.
Che assassina.
Hai voglia a figurarti futuri redentivi e compensazioni di un inaspettato virtuoso agire.
La colpa è colpa.
Che lordi di sangue ancora caldo le mani, ovvero che urli trascinando assordanti catene come un sadico fantasma dall’interno del cuscino.
Non fa alcuna differenza.
Per coloro che avevano ragione.
Che l’hanno ancora, soprattutto ora.
Tutti, in effetti.

Come quelli che accorsero copiosi sul piatto scomodo della bilancia.
Soprattutto all’inizio, allorché il peso offerto ti renda più vulnerabile, che influente.
Ma che oggi, soprattutto oggi, leggono nell’insano gesto la prova definitiva.
Della sola inevitabile condanna umana.
Di un giudice e di una giuria giammai ignorabili.
Lì, perennemente seduti e con gli occhi fissi ad ogni ora.
Bianchi o neri che siano, la necessaria selezione cromatica che nulla cambia.
Dentro di te.
Hanno ragione, hanno ragione tutti.

Pure quelli che adesso accusano ogni crepa del dopo, che accoglie cinicamente le vite colpevoli sopravvissute alla ghigliottina.
E anche i fatalisti delle esistenze grame di nascita.
Da cui non potrà mai venir fuori qualcosa di buono.
Di sicuro non meglio di quel che era stato deciso per loro.
Hanno ragione tutti, sì.

Quelli che ora dedicano un pensiero alla vittima dell’omicida.
Che non hanno mai smesso di tenere occhio e cuore senza tregua incollati sulla vita strappata dal mondo dalla disumanità della rea.
Come se tutto ciò fosse sufficiente a riportare in vita entrambe.
Celebrando la prima e torturando la seconda ad libitum.

C’erano una volta quelli che hanno e avevano ragione.
Tutti, d’altra parte.
Poiché tutti, se ci pensi, pensano di avere la ragione in tasca.
E perché laddove avessero potuto scrivere la storia a loro piacimento.
La sola cosa che non avrebbe davvero cambiato il finale.
E’ proprio la 'necessaria' o 'disumana' pena di morte
 

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