Storie di guerra: le materie della scuola che c’è

Storie e Notizie N. 1255

Secondo l’Unicef le guerre in Iraq, Siria, Libia, Yemen e Sudan hanno privato di una dovuta istruzione il 40 per cento dei bambini, ben 13,7 milioni

Una giornata, scontata, ma diversa.
E’ mattino.
Molto presto, molto prima di quando dovresti cercar luce.
Ce n’è uno che si alza da dove può chiamare letto.
Si stropiccia gli occhi.
Invano.
E’ tutto vero.
Il sogno e l’incubo si confondono senza fatica, perché nessuno gli ha mai insegnato la differenza.
La scuola che c’è è così.
Essenziale, parca di consigli, ma ha le sue materie.
La matematica è sempre la più ostica, anche nella pagina da voltare in fretta nel grande libro delle cose del mondo.
A far di conto si impara molto presto e i maestri sono in molti.
Tutti, diciamo pure.
Tutti si sentono in diritto di interrogarti, di metterti alla prova.
E’ un esame senza fine.
Questa è la guerra, un esame che ha l’ora d’inizio ben chiara, scritta sulla lavagna a caratteri cubitali, così grandi, talmente ingombranti, che non v’è spazio per alcunché.
Figuriamoci l’ora della fine.
La letteratura è un piacere, davvero.
Leggere e scrivere sono il vero tesoro della giovane sopravvivenza.
Scoprire parole tra un’esplosione e l’altra, che il più delle volte sono verbi.
Ovvero, azioni, rapide e indispensabili, da coniugare con abilità che neanche sapevi di avere, a quell’età.
Come correre e saltare, dimenticare e soprattutto mangiare.
Tutto in fretta.
E poi, se c’è ancora tempo, tatuare i preziosi ricordi sulla carta che c’è, esattamente come la scuola.
Ma non farti ingannare, la carta che c’è è sul serio un vantaggio.
Perché ti abitua a lasciare tracce dove desideri, affrancandoti dalla schiavitù legalizzata di un banale blackout o di una fastidiosa batteria esaurita.
La geografia non è il massimo.
E’ sadica e deludente, su questo tutti gli studenti della scuola che c’è concordano.
Perché non fai in tempo ad affezionarti al profilo di una collina, al disegno che ne hai fatto nella testa, al nome del paese che finalmente hai imparato a pronunciare che devi ricominciare da capo.
Perché il libro è stato aggiornato.
Da nemici o salvatori che siano, senza soluzione di continuità.
Su una cosa, però, i nostri allievi sono fortunati.
Nessun genitore ha mai dovuto rammentar loro di fare i compiti per casa.
Perché non esistono.
Non ce n’è bisogno.
E perché la scuola che c’è sa perfettamente che per il giorno seguente e tutti quelli a venire esiste solo un compito da portare a termine.
Al mattino.
Molto presto, molto prima di quando dovresti cercar luce.
Alzati da ciò che puoi chiamare letto.
E dopo averli stropicciati.
Ti prego, apri gli occhi.
Di nuovo.

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