Storie di donne: la lettera di fiamme

Storie e Notizie N. 985

Pavitra Bhardwaj aveva 40 anni.
Era stata abusata dai suoi colleghi e aveva osato ribellarsi.
Quindi era stata licenziata.
E così ha cercato l’unico abbraccio che ha ritenuto degno del suo dolore intriso di collera, probabilmente, e di chissà quanti altri sentimenti ed emozioni.
Dopo sette giorni di agonia è morta.
Non ha lasciato un biglietto.
Perché quando scrivi sulle fiamme alla fine del rogo non resta che cenere.
E questo è un vero peccato.
Ecco perché quel fuoco va mantenuto vivo.
Va alimentato e rispettato.
Va ascoltato e nutrito.
Non va ignorato e dimenticato.
Oscuriamo il mondo tutto intorno e puntiamo le nostre luci, ora, su quel rovente epilogo, di lacrime e sangue.
L’abat jour sulla scrivania, la lampada sul comodino, quel tenue alone che ravviva il monitor del pc o dello smartphone, più che mai la luce che brilla nei nostri occhi lontani.
E ora che la nostra attenzione è tutta lì, su quel corpo che danza per l’ultima volta da solo, stringiamoci intorno, insieme, come si faceva con i falò, sulla spiaggia.
Un cerchio stretto, alto e invalicabile.
E facciamola quella promessa.
Nessuno più passerà di qui, preziosa signora, nessuno più passerà.
Fermeremo la vile mano proprio sul confine costruito con i nostri, di corpi, baluardo della tua serenità.
Per quanto veloci, afferreremo parole taglienti e sguardi prepotenti e le rigetteremo al mittente, dolce signorina, mentre tu non ne sentirai neppure l’eco.
E una volta scacciato il nemico, uniremo il frutto dei nostri polmoni e con immenso piacere soffieremo.
Sì, con forza soffieremo.
E magari, anche solo per una frazione di secondo, spegneremo il bruciore dell’odio.
L’odio per la vita.
La tua.
Pavitra aveva 40 anni.
E a 40 anni, oggi, si può morire a causa di quel che si è.
Donna.
Ecco cosa c’è scritto su quelle fiamme.
Io sono una donna.
Io lo scrivo qui.
E alla promessa di prima aggiungo una speranza.
Di poterlo rileggere domani e domani ancora.
Qui, solo qui.
E non più tra le fiamme…


 



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