Storie di donne rapite: video lettera a Boko Haram

Storie e Notizie N. 1102

Un video con protagonista un leader di Boko Haram, tale Abubakar Shekau, ha scosso l’opinione pubblica internazionale. Costui sostiene di aver rapito circa 300 ragazze (al momento pare 223, perché una cinquantina sembrano essere fuggite), giovani studentesse, minacciando di venderle come schiave.

Mister Shekau,
malgrado questa mia aspiri alla legittima dignità che si riserva a qualsivoglia lettera, ometto il caro.
Credo che anche lei convenga quanto sia fuori luogo.
D’altra parte, le ragioni che mi spingono a scriverle sono dovute proprio alle parole.
Quelle che meritano lo spazio di una pagina.
Questa.
Gli occhi di chi osserva gioie e tragedie, seppur a distanze variabili.
Noi.
La mente e il cuore di chi ha davanti una scelta di un peso incommensurabile.
Lei e i suoi compagni.
Ecco perché, se le sole parole degne di questo nome intendo privilegiare, mi accingo subito a liberarmi di quelle superflue.
E mai tale verbo è stato più appropriato.
Vede, nel messaggio del suo video, virale in questi giorni, lei chiama le ragazze che ha rapito schiave.
Se mi permette, la informo subito che è totalmente fuori strada.
Schiave esse non lo sono affatto e mai lo saranno, a meno che non siano loro stesse a volerlo.
A scegliere di propria sponte di incatenarsi.
Capisco che sia banale, ma la vera assurdità è che su questo pianeta ci siano ancora persone a non comprenderlo.
Abubakar, è il corpo che ha rapito, non le ragazze.
Non quello che davvero sono.
Leggi come la reale natura del respiro.
Quel che è la vita delle giovani, proprio a causa del suo video, ora è ovunque.
E’ qui, ora, in questo modesto spazio come nei pensieri della gente più dotata al mondo.
L’esistenza di quelle ragazze è altresì accanto a lei, adesso, aleggia intorno ai suoi carcerieri.
Libera.
Inevitabilmente libera.
I prigionieri e gli schiavi siete voi, signor mio.
Lei e la sua banda.
Perché ci vuol un animo incredibilmente privo anche del più esile spazio vivibile, dentro e fuori, per credere di poter rinchiudere così tanta energia vitale.
Un’infinità di speranze costruite nel tempo, guadagnato e rubato.
Sogni nascosti e progetti rivelati all’orecchio fidato.
Amori e dolori.
Storia scritta e quindi narrata.
L’errore più ingenuo sarebbe poi quello di tirare in ballo un qualche dio per giustificare la propria ottusità.
Il paradosso, Abubakar, è che quelle ragazze hanno un oceano di possibilità.
E’ lei che ha una sola strada davanti.
Conduce indietro, alle sue spalle.
Camminando sulle sue medesime impronte.
In breve, tornando ad un attimo prima di compiere l’ennesimo stolto gesto.
Altrimenti, lei e i suoi amici non troverete luogo in questa vita, e ovunque altrove, dove liberarvi da loro.
Le ragazze che tutto sono.
Tranne schiave…

 


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