Storie sulla pena di morte: tra la polvere

Storie e Notizie N. 1314

Dopo 36 anni trascorsi in cella, nel cosiddetto braccio della morte, il settantaduenne afroamericano Brandon Jones è stato ucciso con iniezione letale dallo Stato della Georgia.

Il detenuto più vecchio è morto.
La storia in una frase, un titolo, ma anche una chiave per dare un senso al resto.
Un mucchio di parole trascurate, raggruppate nel mezzo della stanza con la ramazza, pronte per salire a bordo del solo mezzo di trasporto possibile nell’unico viaggio concesso. Sulla paletta verso il cestino o, al peggio, sotto il tappeto.
Ma mettiamo caso che il congegno si inceppi. Capita, sovente capita e magari non fa notizia, ma questo non vuol dire che non sia accaduto.
Questo non vuol dire che tu non possa crederci.
Mettiamo di avere tra le mani quella stessa chiave e con essa il tempo e la voglia di vederlo, quell’irrilevante resto.
Mettiamo di scavare tra le polveri dimenticate e leggere storie minori.
Di un bambino che subisce abusi in casa.
Altro racconto in una manciata di parole, altro titolo, altra chiave.
Allora coraggio, avanziamo, di porta in porta, e troviamo un giovane con problemi mentali.
Sì, lo so, prelude a retorici scenari, tutto ciò. Repertorio scontato e fin troppo svilito per conquistare le zone tenere della giuria, ma, rimane un ma pesante come un macigno.
Ma cosa ne facciamo nel caso tutto ciò sia vero?
Allora procediamo ancora, finché c’è ulteriore luce nel buio, o forse il contrario. E troviamo un uomo di trentasei anni, esattamente quanti lo separano dall’ultimo paragrafo della sua vita, che entra in un mini market per rubare.
A riprova che il protagonista è colpevole, ma questo non vuol dire che il colpevole sia il protagonista.
Questo non vuol dire che tu non possa immedesimarti.
Difatti, allarghiamo lo sguardo e vediamo l’altro.
Il detenuto non è solo, innanzi alla futura vittima.
C’è il complice, ignaro di avere anche lui una venefica siringa ad attenderlo da lì a sei anni.
Fateci caso, ma questa è davvero la notizia più scontata.
C’è sempre un complice in ogni misfatto, è solo che non sempre si guadagna il nome tra i titoli di coda.
Mettiamo quindi il colpo di scena, letteralmente. Ovvero, che il colpo fatale non sia stato opera del detenuto più vecchio nel braccio della morte, piuttosto del compare.
Mettiamo che il più anziano abbia passato in catene più di tredicimila dei suoi giorni, gli ultimi, per essersi trovato al momento sbagliato nel luogo sbagliato del mondo che si vanta di esser giusto.
Mettiamo che sia davvero andata così.
Il detenuto più vecchio è morto, nulla da obiettare, malgrado in questo caso la pena più grande non è stata la morte, bensì, la vita.
Ma, allora, chi o che cosa è stato giustiziato su quel lettino?

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