Fertility Day in Italia con i cattivi compagni

Storie e Notizie N. 1384

Ha fatto molto discutere e indignare, oltre che ridere, un’immagine della campagna del Ministero della salute, dove al di sotto dei presunti bravi ragazzi simboleggianti le buone abitudini da promuovere, sono stati relegati, separati da una frattura, i cattivi compagni da abbandonare.
Eccovi un giorno tra gli altri, allora.
Un giorno a sud dei buoni…


E’ mattino, molto presto.


Giulia si alza sempre per prima, perché ama fare colazione da sola.
Le dona il tempo di svegliarsi con calma, ma mai del tutto.
Perché qualcosa deve continuare a sognare.
Anche da sveglia.
Quindi prepara caffellatte e biscotti per tutti, si lava, si veste e va al lavoro, dove insegna italiano per stranieri.
Spesso capita che molti in aula siano neri.
Ovvero, cattivi compagni nel quadro dipinto per la giornata della fertilità.
Ma questo non impedisce all’incontro di destini.
Di esser quanto mai.
Fecondo.
Proprio mentre l’insegnante diffonde il nostrano verbo tra le genti venute da lontano, Daniele entra nel gruppo riunito nella sala apposita in comunità.
Si mette al timone della nave, malgrado appaia come una banale seggiola, uguale alle altre in cerchio.
Dove aspettano con fragile speranza le anime strappate alla roba.
Per esteso l’affascinante, velenosa traditrice che dovrebbe riempir vuoti, invece divora tutto quel che solo sfiora.
I cattivi compagni aspettano un suo cenno e poco a poco spalancano le porte della comune solitudine.
Senza particolare eccitazione, è chiaro, ma lo fanno.
Lo fanno per la prima volta.
Ditemi voi se ci sia qualcosa di più vivo di chi riprenda a nascere.
Quindi arriva l’ora di pranzo e, mentre Daniele e anche Giulia si prendono una pausa da così tanta cattiveria, Stefania infila il camice e inizia il turno.
Anzi, no, la danza.
E’ una danza tranquilla, sempre uguale, senza musica, coreografia di sopravvivenze incolonnate con il vassoio in mano, in attesa di raggiungere lei e le altre.
Gli angeli con la cuffietta, le chiama uno dei cattivi compagni seduti nella mensa dei senzatetto.
No, pensa Stefania. Perché nessuna di noi ha le ali.
Ma tutti quanti balliamo sulle note di una melodia perfetta, tra una miseria e l’altra. Il suono della normalità. Come mangiare qualcosa assieme.
Federico esce di casa poco dopo il pranzo.
Va in carcere ed è contento, ma vi sembra sano? Non lo so, ma non è importante, giusto? Non lo è affatto per questo brandello di storie, mi sbaglio?
Perché ha perso il lavoro vero, quello con i professionisti delle buone e, soprattutto, sempre le stesse abitudini.
Come quella di liberarsi con una facilità agghiacciante di chi non serva più alla causa.
Ora fa lo psicologo con i detenuti.
Forse, più che mai in questo caso, si dovrebbe dire con i cattivi compagni.
E di cattiverie ne ascolta eccome, nessuno lo nega.
Ma poi torna a casa e il giorno dopo ripercorre la stessa strada.
Perché sa che, malgrado tutto, all’indomani troverà qualcosa di diverso perfino in una prigione.
Perché la vita può creare vita ovunque.
Alla fine arriva il tramonto.
Per tutti arriva inevitabilmente.
E per una volta, seppur con vissuti differenti, nel giorno della fertilità, Giulia, Daniele, Stefania e Federico vanno a dormire nello stesso istante e contemporaneamente chiudono gli occhi con la medesima serenità.
Perché, come molti tra coloro che abitano a sud dei buoni, hanno capito che se i cattivi compagni sono abbandonati da tutti, ci vuole pur qualcuno.
Che li accolga...


Leggi anche il racconto della settimana: Le parole sono chiavi
Leggi altre storie vere
Ascolta la mia canzone La libertà
Compra il mio ultimo libro, La truffa dei migranti, Tempesta Editore


Visita le pagine dedicate ai libri: