Storie di razzismo: Il figlio dell’uomo nero

Storie e Notizie N. 1473

Se ne parlava, qualche mese fa, in tempi non sospetti.
Dicevo allora: “Sai che sono preveggente?”
“Ma dai…” rispondeva l’altro.
“No, sul serio”, insistevo. “Scommetti che sulle prime pagine dei giornali nostrani e sui profili social di molti politici e cosiddetti opinionisti, più o meno da fine gennaio/febbraio, aumenteranno ulteriormente, con andatura crescente, notizie terrorizzanti sui famigerati immigrati? E l’aggettivo non è casuale, cribbio.”
“Come fai a dirlo?” Chiedeva il mio interlocutore.
“Semplice”, rispondevo, “tra maggio e, soprattutto giugno 2017, ci sono le elezioni amministrative. Se togli migranti e terrorismo islamico ad alcuni partiti, di cosa parlano?”
“Vuoi forse intendere che alcuni giornalisti manipolano l’informazione per favorire uno schieramento piuttosto che un altro?” Domandava l’altro.
“No”, rispondevo, “ovvero è già successo e accade ancora, eccome se accade, ma la ragione è un’altra ed è ancora più grave.”
“Sarebbe?”
“Nel paese dove sapere non è un dovere, piuttosto parlar di tutto e subito, la paura è il prodotto che si vende meglio…”
Sull’autorevole Corriere della sera c’è oggi un esemplare articolo.
Parlando del ragazzo arrestato alla stazione di Milano per aggressione, cito testualmente: “Ismail Tommaso Ben Youssef Hosni, il 20enne Italo-tunisino… Negli ultimi mesi, fra gli stessi agenti che lo vedevano ogni giorno sostare nei mezzanini dello scalo ferroviario, il cambiamento era apparso netto: il ventenne aveva iniziato a farsi crescere la barba, forse un segnale dell’inizio di un nuovo «percorso».” Potrei andare oltre, ma mi fermo qui.
Primo, il giovane è nato in Italia ed è quindi italiano, così come Richard Rojas, la persona che di recente negli Stati Uniti si è lanciata con l’auto sui pedoni, come correttamente scrive The Guardian, è un uomo di New York. Nessuno dei cronisti britannici ha pensato di andare a scandagliare le origini del cognome, che di certo non sono di un ‘tranquillizzante’ anglosassone.
Secondo, vogliamo parlare di questa assurdità della barba? Ma lo volete capire che cosa state facendo? State dicendo a tutte le persone - compreso il sottoscritto - dalla carnagione meno chiara del solito di pensarci bene prima di smettere di radersi, perché i lettori del Corriere potrebbero considerarlo un indizio di radicalizzazione.
E questo è solo uno degli articoli di punta di uno dei quotidiani più letti nel paese, figuriamoci cosa scriveranno sulle pagine più destrorse barra paracule.
Roba nuova? Nient’affatto, dura da anni e continuerà, vedrete. Finché ci saranno elezioni in vista e ignoranza a buon mercato.
Per fortuna che mi restano le storie…


“Papà?”
“Sì?”
“Tu sei cattivo?”
“No che non lo sono, perché dici così?”

“Perché a scuola la maestra ci ha letto una storia dove i bambini cattivi venivano portati via dall’uomo nero. Perché li rapisci, papà, se non sei
cattivo?”
“Io non rapisco nessuno, figlio mio, quella è una solo una favola…”
“Ma tu non mi hai sempre detto che nelle favole ci


sono spesso più verità che nella realtà?”
“Sì, certo… ricordi tutto, tu, eh?”
“Ci provo. E io sono cattivo?”
“Neanche per sogno, figlio mio, che domande mi fai?”
“Papà, se i bambini cattivi vengono portati via dall’uomo nero, quest’ultimo dev’essere ancora più cattivo di loro. E se io sono suo figlio, cioè tuo…”
“Ascoltami bene, ora. La storia che ti ha letto la maestra racconta che un uomo nero porta via i bambini cattivi, non tutti. I bambini sono tutti cattivi?”
“No…”
“E neanche tutti gli uomini neri, ecco.”
“Ho capito. E il cavaliere?”
“Chi?”
“Il cavaliere nero, lui è sempre il cattivo, dai, questa la sanno tutti. Come mi dispiace per i figli…”
“Ma cosa dici, ti sbagli e te lo dimostro. Hai capito che io non sono cattivo, giusto?”
“Sì, ma io lo sapevo già, volevo solo una conferma…”
“D’accordo. Assodato che io non sono cattivo, se domani il re venisse da me…”
“Non c’è più il re, papà.”
“Mettiamo che ci sia, va bene? Stiamo comunque parlando di storie, giusto?”
“Okay.”
“Allora, viene il re e mi nomina cavaliere. Cosa divento, io?”
“Cosa diventi?”
“Il cavaliere nero, ecco cosa.”
“E tu non sei cattivo, papà!”
“Quindi sarei un cavaliere nero…”
“Buono!”
“Esatto.”
“E io sarei il figlio del cavaliere nero buono, che fico!”
“Già.”
“La sai una cosa, papà?”
“Cosa?”
“Ci vorrebbero più storie dove gli uomini e i cavalieri neri sono buoni invece di cattivi, sarebbe tutto più vero e giusto.”
“Ci sto provando, figlio mio, non hai idea di quanto ci stia provando a raccontarne...”


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