La bambina che voleva volare

Storie e Notizie N. 1519

Capita che in Svizzera, a Ginevra, una bimba di sette anni scappi dai genitori per poi passare indisturbata attraverso i controlli di sicurezza dell'aeroporto e salire su un volo senza biglietto o passaporto.
I funzionari addetti stanno ancora cercando di capire come sia potuto succedere.


La bambina che voleva volare, punto.
E’ questo il titolo del rapporto dell’ispettore incaricato di svelare il mistero.
Ma come avrà fatto?
Oggigiorno, per altro, con tutte le aggravanti del caso, che casuale non lo è affatto, poiché siam qui a parlarne, allora vuol dire che tutto avrà un senso, che dobbiamo spiegare assolutamente ai nostri sponsor e i finanziatori, e poi c’è l’assessore, il ministro che spinge in alto e quello che rema contro.


Per non parlar poi del terrore negli occhi che viaggiano, nelle mani che frugano e rassicurano, negli atterraggi, più che mai questi ultimi.
Che come le storie preferite dai passeggeri dalla seduta morbida, hanno l’obbligo del finale dolce, con relativo applauso al regista pilota.
E se tutto ciò non bastasse, trattasi di una bambina, vostro onore.
Ma sì, mettiamoci pure un fittizio e virtuale processo sommario.
Tanto, in rete o fuor da essa, non è questo che sovente mettiamo in scena?
Non siam spesso qui, volenti o nolenti, per esprimer giudizi facilmente digitabili?
Be’, se non è vostro il caso, seguitemi, allora.
Seguitela.
La bambina che voleva, punto.
Che voleva capire.
Come tutte le ingenuamente sagge menti di questo mondo.
Scoprire il vero mistero, altro che indagini dall’alto, che sovrasta tutti con ottusa semplicità.
L’adulto fraintendimento che pecca di memoria e di miopia della fantasia.
Van tutti là, in fila, aspettano e ansiosamente spingono per il posto accanto al vetro.
Per poter vedere, finalmente, il mondo intero farsi piccolo sotto i nostri piedi.
Stella come le stelle invidiate, regina tra le regine adorate, leggera come aria pura tra quel che ne resta lassù, financo solo per un frammento di tempo rubato alla gravità.
Non corre, la piccola.
Cammina serafica, di una calma spontanea, naturale, quindi perfetta.
Eppur non vista, malgrado le dimensioni siano sufficienti per temere.
Basta poco per nutrir paura e diffidenza, non è così?
E’ sufficiente una parola urlata tra un titolo ineludibile e un’immagine strappa occhi nel punto più ambito della bacheca e la pancia inizia a tremare, ovvero, a fingere di farlo.
Perché alla fine della fiera, lo sappiamo tutti che la maggior parte di noi assiste al farsesco spettacolo da lontano, al riparo dei fidati braccioli della fedele poltrona.
Malgrado ciò, ci libriamo quanto basta per poi precipitar compatti, lì dove il pensiero imposto richiede.
Ciò malgrado, per sua e nostra fortuna, non attecchisce nell’anima coraggiosa per definizione.
La bambina, punto.
Che una volta salita a bordo della nostra illusione di metallo e plastica.
Torna dalla mamma con un sorriso e una certezza in più nel cuore.
Non ho bisogno di loro, non ho bisogno di nessuno.
Per volare


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