Elezioni o governo tecnico? E intanto il paese affonda

 

Storie e Notizie N. 228

Ciò che sto per scrivere, ovvero tirare fuori dalla pancia, è qualcosa che ho pensato spesso quest’estate, ogni volta che leggevo le notizie del giorno.
Sarà perché si tratta di una sensazione che è alla base delle ragioni che mi hanno spinto ad aprire questo blog.
La sensazione di vedere davanti a me un paese spaccato a metà.
Anzi, metà non è la misura giusta.
Diciamo in due parti.
In quella più piccola principalmente si parla.
Il più delle volte ci si parla addosso, sputacchiando e sbavando senza prestare alcuna attenzione al messaggio degli altri.
L’argomento principale, ormai da quindici anni, sono gli interessi di un maledetto nano.
Maledetto lui e soprattutto coloro che gli hanno permesso di comprarsi la nostra terra.
E le parole scorrono.
Processo breve, prescrizione lunga, lodi vari, leggi bavaglio e ad personam, toghe rosse, sentenze ad orologeria, ecc.
Così come i fondamentali dilemmi: Berlusconismo o anti berlusconismo? Giustizialismo o garantismo? Elezioni o governo tecnico?
Per buona o mala sorte, il sottoscritto, come tanti in questa cara Italia, vive e osserva quotidianamente un’altra parte.
Lì la gente dorme ancora con la paura del terremoto, gli operai continuano a morire sul lavoro, un giovane su quattro è disoccupato e per molti, troppi, la disperazione è tale che ci sono persone che vendono rene ed ovuli per pagare il mutuo della casa.
E pensare che quelli che chiacchierano nella prima parte sono pagati dai poveracci dell’altra…

La Storia:

C’era una volta una nave.
Sulla nave vi era un capitano democraticamente eletto.
Il capitano, come tutti i capitani delle moderne navi democratiche, aveva un equipaggio.
C’era chi lo serviva fedelmente, prono e strisciante.
C’era chi lo serviva infedelmente, polemico e borbottante.
E c’era chi lo serviva segretamente, critico ma sempre con moderazione.
Tipico delle navi il cui capitano è l’unica cosa che tiene insieme il proprio equipaggio.
Nella stiva della nave vi erano i rematori.
Schiavi, nullatenenti, disgraziati, eretici e reietti, tutti incatenati ai remi a sfacchinare ogni giorno per permettere alla nave di viaggiare.
Ecco, non proprio incatenati.
La cosa più assurda era che le catene erano solo metaforiche.
I rematori sceglievano autonomamente di rimanere lì, sotto.
A dare la vita per cosa, poi?
Per permettere all’equipaggio di servire il capitano.
Così, per sintetizzare.
E come mai accettavano tutto questo?
Semplice o forse no.
Tutti, tutti coloro che si rompevano le braccia per remare tenevano lo sguardo fisso su un grande schermo davanti a loro.
In esso vi era proiettato sempre lo stesso film.
La storia di un sogno, un sogno in cui ognuno di loro ne era il protagonista.
E in quel sogno ciascuno dei rematori era di sopra, finalmente libero.
Libero di servire comunque il capitano.
Ma di sopra.
Perché di sopra c’erano un sacco di cose che di sotto mancavano.
Le escort, le ville, le piscine, le auto blu e i massaggi, tutti con le escort.
Ogni rematore era come ipnotizzato da quel miraggio e accettava qualsiasi umiliazione pur di continuare a sognare l’eden sopra la propria testa.
La nave solcava le onde così da tempo, finché arrivo il giorno che iniziò a rallentare.
Il capitano non ci fece caso.
Era talmente basso che non riusciva a vedere il mare e non poteva capacitarsi della velocità dell’imbarcazione.
Diciamo pure che non vedeva nulla oltre se stesso.
L’equipaggio aveva occhi solo per il capitano, che come già detto vedeva solo se stesso.
Così la nave rallentò, rallentò e rallentò.
E si fermò.
Il capitano non si accorse di niente anche in quel momento.
Fu in quell’istante che perfino l’equipaggio si rese conto che al capitano non fregava assolutamente nulla se la nave si muovesse o meno.
Una nave che non si muove è destinata alla morte.
Nel mare lo sanno tutti, perfino i coralli, che stanno sempre fermi.
Così, un componente dell’equipaggio fu sorteggiato per andare a vedere cosa fosse successo di sotto.
Il prescelto aprì una botola, infilò la testa dentro e rimase senza fiato.
Il quell’attimo capì che il tempo delle chiacchiere era ormai finito.
Capitano ed equipaggio avevano due sole scelte: remare o morire.
E i poveracci che stavano di sotto?
Non so che cosa accadde loro.
Qualcuno dice che sono morti di fatica.
A me piace pensare che si sono rotti le palle, che hanno fatto a pezzi lo schermo e che se ne sono andati per conto loro.
A lavorare per se stessi…



Storie e Notizie: storie, frutto della mia fantasia, ispiratemi da notizie dei media.