Democrazia reale ora: la rivoluzione delle parole

Storie e Notizie N. 377

La Storia:

C’erano una volta due mondi, il mondo ideale e quello reale.
Già so quello che alcuni di voi stanno per dire: adesso ci fa due palle di pilotto, rubando a mani basse da Platone e l’iperuranio.
No, dimenticate per un attimo entrambi, se ovviamente fanno parte delle vostre conoscenze.
Altrimenti, ancora meglio.
La mia storia ha molte, ma molte meno pretese ed è estremamente più semplice.
Tornando ad essa, vi dico subito che entrambi i mondi erano disabitati.
Il mondo ideale era naturalmente quello perfetto, con tutti i concetti, i teoremi, gli assiomi e in generale le idee nella forma originale e soprattutto illibata.
Il mondo reale, anch’esso deserto, era invece la versione concreta del precedente ed era costituito da tutto ciò che dal primo fosse riuscito a sopravvivere attraverso uno spietato filtro di praticità.
Mi spiego meglio con qualche esempio.
Prendiamo una qualità suprema come l’amore.
Nel mondo ideale, l’amore era quel sentimento che quasi tutti gli esseri viventi provano almeno una volta nella vita, quella magica forza che invade ogni singola molecola del nostro corpo e tirannicamente attira ogni attenzione su di sé, donando un’estatica ebrezza capace di farci fare qualsiasi gesto in cieca obbedienza.
Ecco, la differenza tra il mondo ideale e quello reale era che nel primo l’amore danzava in questa sconvolgente trance senza fine.
Come vedere il miglior film del mondo per sempre e non stancarsi mai.
Come, giustappunto, fare all’amore e non averne mai abbastanza.
Nel mondo reale quell’amore aveva spesso un the end brusco e inaspettato.
Nel mondo reale l’amore si trasformava all’improvviso nel suo opposto, per poi magari ritornare se stesso.
Nel mondo reale, quell’estatica ebbrezza poteva mutare in una ossessiva follia, in grado di farci maledire l’amore che l’aveva generata.
Tuttavia, nonostante tali fondamentali differenze, sia il mondo reale che quello ideale avevano una cosa in comune: erano coerenti.
Sapevi quello che offrivano, non ti ingannavano mai, rispettavano la loro natura, le regole sulle quali si basava la loro esistenza.
Se cercavi l’amore, sapevi cosa potevi trovare tanto sull’uno che sull’altro.
E lo sapete perché?
Perché entrambi rispettavano il significato delle parole che li definivano e li differivano.
Sapevano che se si chiamavano ideale e reale non era per caso.
Sapevano che le parole che ci contraddistinguono, che indicano al prossimo chi siamo, andavano onorate qui ed ora, ovunque e per sempre.
Ecco, vi ho detto che i due mondi erano deserti ma non ho aggiunto che vi era un terzo mondo.
Il mondo degli esseri umani, il mondo formato da luoghi come gli Stati.
Gli Stati, a loro volta costituiti da altri posti detti Città.
E le Città divise in altrettante parti, ognuna con il suo nome.
Il Centro, la Periferia, le Piazze e le Strade.
Sì, le Strade, tante Strade.
Le Strade a doppia corsia, le Strade a senso unico, le Strade chiuse.
Da cui la domanda: perché gli umani scelsero di vivere in questo mondo e in nessuno degli altri due?
Perché lì erano più felici?
Bella domanda, ma non ho intenzione di rispondere, perché non ne ho idea.
Ma una cosa la so: il mondo dove essi avevano deciso di trascorrere la propria esistenza era tutto fuorché coerente.
Gli individui al potere erano stati astuti e senza scrupoli.
Avevano rubato al mondo ideale tutte le parole di cui avevano bisogno per illudere il popolo.
Parole altisonanti, importanti e moralmente indiscutibili.
Parole come giustizia, diritti, doveri, lavoro, leggi, costituzione, parlamento, elezioni.
E quindi parole come democrazia.
Parole che nel mondo ideale erano perfette ma nel mondo degli uomini, nelle mani di alcuni uomini, divenivano qualcos’altro.
E non mi riferisco al mondo reale, dove ognuna di esse si scontrava con la quotidiana realtà pagando il giusto tributo a quest’ultima.
Nel mondo degli umani quelle stesse parole venivano stuprate, abusate senza ritegno e poi vendute al miglior offerente, per il guadagno di pochi.
Prendete la parola democrazia.
In quest’ultima si nascondeva forse il più grande inganno: convincere che il governo del popolo consistesse nel recarsi ogni due anni a mettere una crocetta sotto il nome del prossimo padrone del proprio destino.
Finché…
Finché un giorno ebbe inizio la rivoluzione delle parole.
Il 15 maggio del 2011, in uno degli Stati di quel pazzo mondo, la Spagna, migliaia di giovani indignati invasero le Città, il Centro, le Periferie, le Piazze e tutte le Strade, a doppia corsia e perfino quelle senza uscita, mossi dal desiderio di non essere più alla mercé dei politici e delle banche, uniti in un solo grido: chiediamo Democrazia reale ora!
Non necessariamente ideale, ma almeno reale.
E poi dicono che i ragazzi sono tutti sognatori e poco concreti…


Domani, vieni ad ascoltarmi a Roma: L'Italia che vorrei.

La Notizia: Gli 'indignados' non mollano la piazza.

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