Storie sulla fame nel mondo: il ventiduesimo

Storie e Notizie N. 903

Secondo i recenti dati dell’Unicef, presenti nel Report Card 11 sul benessere dell’infanzia dei paesi ricchi più industrializzati, emerge che in Italia il 17% dei minori vive sotto la soglia di povertà, mentre quasi la totalità è sottoposta a quotidiano inquinamento atmosferico e fa poco sport.
Stiamo parlando di circa 1.750.000 bambini, il che ci fa precipitare, in questa particolare classifica, al 22° posto su 29 paesi

Sono il ventiduesimo.

“Ma di che ti lamenti?” dicono i grandi. “Ne hai sette dietro di te, io ai tuoi tempi non sai che ho dovuto passare, mica c’erano i computer, i cellulari e la playstation…”
Ad avercela, tutta questa roba, gli risponderei.
E’ meglio che non parli, è meglio che scriva, così qualcosa rimane e non si perde nelle orecchie di chi non vuol sentire.
E capire.
Sono il ventiduesimo, però non è colpa mia.
Che so, ho fatto una corsa, non sono stato veloce e mi becco il 22 sulla maglietta.
No, qualcun altro ha deciso per me. Questo numero è come un marchio che mi è stato impresso sulla pelle alla nascita, una sorta di maledizione, tipo la saetta sulla fronte di Harry Potter. Peccato che non abbia anch’io un Voldemort da affrontare, avrei almeno qualcosa per cui lottare.
La cosa buffa o drammatica, dipende dai punti di vista, è che il mio tu-sai-chi mica si nasconde. Va in giro a viso aperto, lo vedete e lo ascoltate ben impomatato nei salotti tv, alle conferenze che contano e nelle serate esclusive rigorosamente ad inviti.
Facendo finta di ignorare la mia esistenza.
Sono il ventiduesimo in classifica e non mi va più.
Perché debbo pagare io per gli errori degli altri? Mi avete messo al mondo? Mi dovete qualcosa, allora. E’ il minimo e si chiama occasione. Non ho chiesto di nascere e non ho nemmeno preteso di venire alla luce proprio qui.
Cosa? La responsabilità è dei miei genitori? E se loro non possono garantirmi quell’occasione che mi spetta? Debbo morire così?
Ripeto, oggi, sono il ventiduesimo ma non per molto.
Voglio la mia occasione, anzi, la pretendo, poiché è un mio diritto. Cos’è quest’occasione? Non sono i computer, i cellulari e la playstation di cui ciarlavano i signori di prima.
E’ la possibilità di poter sognare un orizzonte che sia uno, lungo la linea di galleggiamento sopra l’inferno chiamato povertà.
Non chiedo tanto. Non voglio privilegi e raccomandazioni, bustarelle e amici altolocati, scorciatoie per arrivare primo e un cognome famoso con cui farmi forza.
Questa roba la lascio a voi.
Datemi solo il minimo e vi farò vedere di cosa sarò capace.
E vi giuro che non sarò più il ventiduesimo.
 



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