Storie di bambini: il mondo che c'è

Storie e Notizie N. 1086

Leggo che a Parigi quattro fratellini, rispettivamente di 2 mesi, 2, 5 6 anni sono stati tenuti chiusi in appartamento dalla madre, senza mai uscire, sin dalla loro venuta al mondo.
Al mondo, già.
Spero di cuore che adesso troveranno qualcosa di meglio, fuori.

Si fa presto a dire il mondo.
Il mondo è grande, altra facile espressione.
E si sa come funzionano i più comodi tra i modi di dire.
Divengono in breve frasi assolute.
Ma l’assoluto non abita ovunque.
Prendi una casa, prendila a caso, lì dove c’è ben più di difficile, altro che ingenue espressioni e manciate di parole al vento.
Il mondo è tutto là.
E’ il mondo che c’è.
E allora che fai?
Ti arrendi?
Molli tutto e vai a piangere da mamma?
E se mamma non c’è?
E se c’è, ma abituati al contrario che è meglio?
Allora chiudi gli occhi.
Anzi, no, accendili, manda in fiamme i motori e lancia il razzo all’impazzata, disegna, colora tutto, e illudi tutto.
Te, principalmente.
Vuoi il mare?
Apri il rubinetto e dai vita alle onde, trascurabili carezze sulla sabbia o micidiali tsunami, fa lo stesso.
Tanto è un gioco.
Serissimo, certo.
Ma è per divertirci, dai.
Dobbiamo divertirci, quando il modo che c’è è tutto là.
Il cielo? Le stelle? L’infinito pure?
Il vetro della finestra contiene tutto questo e anche di più.
E quel di più, giorno dopo giorno, diviene l’essenziale.
Quello che farai, ciò che dirai, la vita che costruirai, lontano.
Rigorosamente lontano.
Dal mondo che c’è.
Ora.
Nondimeno, ora non è ancora il tempo di vivere davvero.
Corridoi per strade senza fine e letti come montagne impervie.
Fratelli, solo fratelli, come gente, amici, umanità intera.
Alimentando la speranza, nascosta, custodita con estrema cura, che la gente, gli amici, l’umanità intera che verrà.
Saranno come fratelli.
Proprio come quando si giocava per vivere.
E il mondo che c’è era sufficiente.
Per piangere e per ridere.
Preferibilmente per sognare.
Un mondo più grande e migliore.
Altrimenti, perché uscire?

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