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Storie e Notizie N. 1232
Leggo che a tutt’oggi, con 14 superstiti e 40 cadaveri recuperati, ci sono ancora 400 persone disperse nel fiume Yangtze, nella provincia dell’Hubei, in Cina.
400 persone.
400.
Leggo, nel trafiletto in basso a sinistra.
Riservato al terribile naufragio del traghetto Dong Fang Zhi Xing (Oriental Star o Eastern Star) dell’altro ieri.
Leggo, leggo anche altro.
E, forse, capisco…
C’era una volta una notizia.
Una notizia come tante.
Davvero, niente di straordinario.
Ahi lei, ovvero, ahi loro.
Che vivono tra quelle parole.
Magari per sempre.
Perché la loro storia è tutta lì, per chi ha troppa fretta per guardare in basso.
Leggi pure come lì dove vanno a finire le briciole della vita che conta.
La notizia come tante, nulla di eccezionale, ahi lei, ahi loro, riguardava le sorti di un pugno di umani.
Pugno, già.
Già, umani.
Perché le esistenze minute, seppur raggruppate per amore o mala sorte, le puoi stringere nel palmo della mano senza alcuna fatica.
Piccoli loro.
O, forse, è la mano che guarda che è troppo grande.
Nondimeno, anche nelle eventualità del mondo rigorosamente a piè di pagina del creato nobile fioriscono ambizioni.
Le più ingenue, in effetti.
Ma vai a spiegarglielo, provaci pure a dissuaderli, quelli lì.
Convinti dall’improbabile speranza che basti la vittoria di anche uno solo degli ultimi e sarà festa per tutti.
Io ero con lui, io ero accanto a lei.
Io c’ero e so tutto.
Quello che dirà alla stampa e alle tv.
Quello che racconteranno di lei e mostreranno di lui.
Ma, soprattutto, saprò il resto.
L’ambizione della notizia sulle anime sospese era quella di arrivare in cima, sul tetto di parole che tempo addietro si è appropriato dell’onore di narrare il grande viaggio.
All’inizio, scese in campo baldanzosa, un po’ troppo, a dir la verità.
Persuasa che bastasse il mero racconto per guadagnare perlomeno il podio.
Un pugno di esistenze, ma scherziamo?
Minute, è chiaro, ma la mano è grande, s’era detto, mi pare.
Nulla da fare, le dita scivolarono sugli specchi di conscia indifferenza e ignara distrazione riflessi.
Aspetta, fece la notizia, intuendo inaspettatamente l’antifona.
Tra il pugno di esistenze minute ci sono vostri connazionali.
Interessa, eh? Fece gongolando scorgendo il ritorno dei volubili flash e degli altrettanto incostanti microfoni.
La notizia tuffò le proprie mani nell’emisfero prosatore e raccontò.
Inventò.
Di sana pianta inventò, vestendo se stessa di familiari sfumature e commoventi tonalità.
Ci prese gusto, diciamolo.
Stare lì, abbagliata dagli occhi che suggeriranno al resto del pianeta dove guardare era inebriante e pensò che avrebbe fatto di tutto per restarci.
C’era una volta.
C’era una volta una notizia.
C’era una volta la notizia di un pugno di creature in balia del fato.
C’era, ad esser precisi.
Perché la notizia che c’è, oggi, ora, in quest’attimo.
Non è nemmeno l’ombra di quel che fu.
Perché quella cima ha un prezzo.
E chi è disposto a pagarlo non ha bisogno di ombre.
Alla stregua di tutto quello che rimane dietro di noi.
Sopravvivendo.
O meno…
Leggi altre storie sui diritti umani.
Leggo che a tutt’oggi, con 14 superstiti e 40 cadaveri recuperati, ci sono ancora 400 persone disperse nel fiume Yangtze, nella provincia dell’Hubei, in Cina.
400 persone.
400.
Leggo, nel trafiletto in basso a sinistra.
Riservato al terribile naufragio del traghetto Dong Fang Zhi Xing (Oriental Star o Eastern Star) dell’altro ieri.
Leggo, leggo anche altro.
E, forse, capisco…
C’era una volta una notizia.
Una notizia come tante.
Davvero, niente di straordinario.
Ahi lei, ovvero, ahi loro.
Che vivono tra quelle parole.
Magari per sempre.
Perché la loro storia è tutta lì, per chi ha troppa fretta per guardare in basso.
Leggi pure come lì dove vanno a finire le briciole della vita che conta.
La notizia come tante, nulla di eccezionale, ahi lei, ahi loro, riguardava le sorti di un pugno di umani.
Pugno, già.
Già, umani.
Perché le esistenze minute, seppur raggruppate per amore o mala sorte, le puoi stringere nel palmo della mano senza alcuna fatica.
Piccoli loro.
O, forse, è la mano che guarda che è troppo grande.
Nondimeno, anche nelle eventualità del mondo rigorosamente a piè di pagina del creato nobile fioriscono ambizioni.
Le più ingenue, in effetti.
Ma vai a spiegarglielo, provaci pure a dissuaderli, quelli lì.
Convinti dall’improbabile speranza che basti la vittoria di anche uno solo degli ultimi e sarà festa per tutti.
Io ero con lui, io ero accanto a lei.
Io c’ero e so tutto.
Quello che dirà alla stampa e alle tv.
Quello che racconteranno di lei e mostreranno di lui.
Ma, soprattutto, saprò il resto.
L’ambizione della notizia sulle anime sospese era quella di arrivare in cima, sul tetto di parole che tempo addietro si è appropriato dell’onore di narrare il grande viaggio.
All’inizio, scese in campo baldanzosa, un po’ troppo, a dir la verità.
Persuasa che bastasse il mero racconto per guadagnare perlomeno il podio.
Un pugno di esistenze, ma scherziamo?
Minute, è chiaro, ma la mano è grande, s’era detto, mi pare.
Nulla da fare, le dita scivolarono sugli specchi di conscia indifferenza e ignara distrazione riflessi.
Aspetta, fece la notizia, intuendo inaspettatamente l’antifona.
Tra il pugno di esistenze minute ci sono vostri connazionali.
Interessa, eh? Fece gongolando scorgendo il ritorno dei volubili flash e degli altrettanto incostanti microfoni.
La notizia tuffò le proprie mani nell’emisfero prosatore e raccontò.
Inventò.
Di sana pianta inventò, vestendo se stessa di familiari sfumature e commoventi tonalità.
Ci prese gusto, diciamolo.
Stare lì, abbagliata dagli occhi che suggeriranno al resto del pianeta dove guardare era inebriante e pensò che avrebbe fatto di tutto per restarci.
C’era una volta.
C’era una volta una notizia.
C’era una volta la notizia di un pugno di creature in balia del fato.
C’era, ad esser precisi.
Perché la notizia che c’è, oggi, ora, in quest’attimo.
Non è nemmeno l’ombra di quel che fu.
Perché quella cima ha un prezzo.
E chi è disposto a pagarlo non ha bisogno di ombre.
Alla stregua di tutto quello che rimane dietro di noi.
Sopravvivendo.
O meno…
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