Allarme bomba oggi a casa del terrorista Calogero
Storie e Notizie N. 1289
C’era una volta una storia particolare.
E, allo stesso tempo, non immaginate quanto sia.
Comune.
Il protagonista si chiamava Calogero, aveva la barba lunga e folta e gli occhi scuri.
Perché così era suo padre.
Calogero aveva la pelle olivastra.
Perché tale era sua madre.
Suo padre.
E perfino suo nonno.
Perché Calogero, sua madre, suo padre.
E addirittura suo nonno.
Erano siciliani.
Calogero era sordomuto, ma questo è solo un particolare.
Il nostro era da poco giunto in un tipico condominio di una comune cittadina abitata da persone normali.
Ovvero, il tutto nella media.
Tranne lui.
Calogero, incredibilmente introverso e asociale, viveva da solo.
E lavorava di notte in una pasticceria.
Ma ne valeva la pena, perché per l’uomo quell’impastare e infarcire per ore e ore, mentre la maggior parte del palazzo dormiva, rappresentava il piatto mancante della bilancia.
Donare dolcezza al prossimo dal tramonto all’alba, per colui che era assolutamente incapace di farlo nel resto del tempo.
Tuttavia, tale personale compensazione dell’anima era solo uno dei tanti segreti che albergano celati al di là di mura troppo spesse per cedere ai facili sospetti.
Già, perché fu proprio a causa di questi ultimi che all’indomani dell’ennesimo attentato di chiara matrice islamica la maggior parte dei vicini puntò immediatamente il dito sul nuovo arrivato.
Calogero, ovvero leggi pure come il musulmano che abita all’ultimo piano.
Così, nei giorni a seguire qualcosa accadde.
Nei confini dei suoi occhi, la sola finestra da dove gli fosse permesso di affacciarsi.
Sguardi diffidenti.
E mosaici di labbra.
Altrettanto circospette.
Espressioni ostili.
E gesti non meno astiosi.
Insieme a un’infinità di impercettibili dettagli.
Trascurabili ai più.
Al contempo, tutto il mondo e anche di più.
Per chi viva solo di impercettibili dettagli.
Non voglio sottintendere che in qualche modo l’equivoco determinò la fine del racconto.
Tuttavia, Calogero non riuscì a dar loro un senso e forse fu un bene.
Forse fu un male, chi può dirlo.
Ciò non toglie che male gli fece.
Arrivò quindi un’altra sera, l’ultima, in cui l’uomo si apprestò a metter su il solito caffè abbondante prima di recarsi al lavoro.
Pochi secondi e un’esplosione rase al suolo una vita e le mura che la nascondevano.
Proteggevano.
Il musulmano si è fatto esplodere, fu la notizia per i vicini di casa che fuggirono urlando in strada, terrorizzati all’idea di essere le nuove prede del mostro in voga come suggerito dai tasti nobili del telecomando.
Calogero è morto per una fuga di gas, la nota a margine per tutti gli altri...
Leggi anche il racconto della settimana: Il terrorismo spiegato ai bambini
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E, allo stesso tempo, non immaginate quanto sia.
Comune.
Il protagonista si chiamava Calogero, aveva la barba lunga e folta e gli occhi scuri.
Perché così era suo padre.
Calogero aveva la pelle olivastra.
Perché tale era sua madre.
Suo padre.
E perfino suo nonno.
Perché Calogero, sua madre, suo padre.
E addirittura suo nonno.
Erano siciliani.
Calogero era sordomuto, ma questo è solo un particolare.
Il nostro era da poco giunto in un tipico condominio di una comune cittadina abitata da persone normali.
Ovvero, il tutto nella media.
Tranne lui.
Calogero, incredibilmente introverso e asociale, viveva da solo.
E lavorava di notte in una pasticceria.
Ma ne valeva la pena, perché per l’uomo quell’impastare e infarcire per ore e ore, mentre la maggior parte del palazzo dormiva, rappresentava il piatto mancante della bilancia.
Donare dolcezza al prossimo dal tramonto all’alba, per colui che era assolutamente incapace di farlo nel resto del tempo.
Tuttavia, tale personale compensazione dell’anima era solo uno dei tanti segreti che albergano celati al di là di mura troppo spesse per cedere ai facili sospetti.
Già, perché fu proprio a causa di questi ultimi che all’indomani dell’ennesimo attentato di chiara matrice islamica la maggior parte dei vicini puntò immediatamente il dito sul nuovo arrivato.
Calogero, ovvero leggi pure come il musulmano che abita all’ultimo piano.
Così, nei giorni a seguire qualcosa accadde.
Nei confini dei suoi occhi, la sola finestra da dove gli fosse permesso di affacciarsi.
Sguardi diffidenti.
E mosaici di labbra.
Altrettanto circospette.
Espressioni ostili.
E gesti non meno astiosi.
Insieme a un’infinità di impercettibili dettagli.
Trascurabili ai più.
Al contempo, tutto il mondo e anche di più.
Per chi viva solo di impercettibili dettagli.
Non voglio sottintendere che in qualche modo l’equivoco determinò la fine del racconto.
Tuttavia, Calogero non riuscì a dar loro un senso e forse fu un bene.
Forse fu un male, chi può dirlo.
Ciò non toglie che male gli fece.
Arrivò quindi un’altra sera, l’ultima, in cui l’uomo si apprestò a metter su il solito caffè abbondante prima di recarsi al lavoro.
Pochi secondi e un’esplosione rase al suolo una vita e le mura che la nascondevano.
Proteggevano.
Il musulmano si è fatto esplodere, fu la notizia per i vicini di casa che fuggirono urlando in strada, terrorizzati all’idea di essere le nuove prede del mostro in voga come suggerito dai tasti nobili del telecomando.
Calogero è morto per una fuga di gas, la nota a margine per tutti gli altri...
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