Storie di immigrati: ognuno al paese suo?

Storie e Notizie N. 1462

Circa 2000 persone provenienti da vari gruppi indigeni si sono riunite nella capitale brasiliana per chiedere rispetto per la loro terra, inscenando una protesta che ha portato a scontri con le forze di polizia davanti al Congresso, ritenuto reo di favorire i grandi gruppi economici.

C’era una volta la terra.
La terra di chi ci è nato.
Di chi ci ha vissuto.


Di chi, in quella medesima terra, ha amato e odiato.
Costruito altrettanta vita e scritto storie.
Le proprie, indiscutibilmente vere, giammai le posticce e magniloquenti narrazioni che piovono rigorosamente dall’alto.

C’erano una volta loro, quindi.
I reali eredi di colori e doni, di suoni originali e forme sopravvissute all’inquinamento legalizzato.
Gli abitanti dimenticati, il popolo invisibile, gli indesiderati di ogni tempo.
Imbarazzanti figure del passato per l’umanità del domani quanto creature tra le più pericolose per l’usurpatore di inquadrature, il lestofante

prestigiatore al servizio dei riccastri di ogni epoca, capace di trasformare parole da innocue a maledette.
Indigeno non vuol dire incivile, sai?
Aborigeno ha precedenza su cittadino, l’avresti mai detto?
E indios sa di lungimirante, equilibrato e consapevole molto più di assunto a tempo indeterminato dalla società dei consumi obbligatori.
E’ ora di finirla con gli invasori.
La ragione è dalla nostra, poiché siamo i morti di ritorno.
Le umane onde dell’effetto farfalla di uno sterminio incancellabile.
I figli di un genocidio troppo assordante per esser nascosto oltremodo al di sotto dei tappeti fabbricati da mani piccole e innocenti, ma venduti e comprati ogni giorno dai bulimici clienti dai palati e le coscienze facili.
Via dalla nostra terra, migranti dalla memoria labile.
Voi siete gli stanziali che calpestano speranze e destini per professione, e poi pretendono di respingere quelle altrui, come se il tempo non esistesse.
Come se il mondo stesso non fosse il mondo.
E le regole del pacifico esistere potessero venir liquidate dai personali egoismi e da una pervicace assuefazione all’idiozia.

Via gli assegni e le transazioni, via le investiture e gli investimenti, via le percentuali e le plusvalenze, via i vostri artigli e le vostre zanne dalla nostra terra.
Via da qui, clandestini della natura.
Voi, che come tutti noi avete ricevuto in dono il permesso di soggiorno dal destino e l’avete scambiato per diritto al dominio su quello degli altri.
Voi siete gli stranieri tra le specie viventi.
Voi siete gli altri, non noi.
Perché noi eravamo qua sin dall’inizio dei tempi.
Perché noi siamo questa terra.
C’era una volta, perciò, il senso della storia.
Quel che è davvero in gioco.
Il solco che ci divide, l’acqua che ci attraversa, il sole che ci accompagna verso la fine inevitabile.
La terra, rispetta e proteggi la terra.
E vedrai che non ci sarà mai guerra.
Tra noi e voi...






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