La balena di plastica

Storie e Notizie N. 1618

Ero e sono una balena.
Malgrado il tempo, nonostante voi, disarmonica variabile nella naturale equazione.
Ero viva ieri, e oggi sono come morta.
Niente di strano nel tragitto, tranne il risultato di questo sottovalutato viaggio che solo in pochi ritengono ancora inestimabile, qualunque sia il viaggiatore.

Leggi pure come l’oltremodo trascurabile esistenza delle specie considerate minori.
In breve, animali.
Eppure c’è stato un tempo in cui ero temuta, protagonista indiscussa del più grande racconto della letteratura intera, nonché regina degli oceani tutti.
Dimmi di cosa hai paura, è saprò quanto valga davvero la tua anima, ci deve esser scritto sul fondo di questi ultimi.
Ma solo chi ha il coraggio di esplorarne gli abissi o la sfortuna di naufragare sulla via può decifrarne il messaggio, secondo cui l’uomo attuale ha scelto di aver di paura solo di se stesso.
Beato il tempo in cui il folle capitano dalla gamba di legno e l’ossessione per l’ignota fiera era solo una romanzata metafora dell'umana presunzione.
Non si dovrebbe mai permettere ai personaggi di carta di farsi carne, perché finiscono sempre per deluderti.
Difatti, si da il caso che non per la fiocina di un folle cacciatore ho smesso di respirare.
Non per i morsi di un pescecane affetto da pantagruelica ingordigia.
Neppure per solitudine, male tipico delle creature troppo grandi per essere comprese in un secondo. Che il cielo maledica la congenita fretta di questa sciagurata era dominata dall’ansia da fuga.
Non ho interrotto il mio sinuoso nuotare, sebbene le dimensioni mi contraddicano, a causa di una cocente delusione d’amore.
Colui di cui mi sono invaghita mi è sempre rimasto fedele, trattandomi sempre con una cortesia senza tempo, dimostrandomi da quale parola derivi davvero la cavalleria. Mio caro cavalluccio marino, che Nettuno l’abbia in gloria.
Non sono altresì scomparsa dal globo acqueo per una mera questione evolutiva, per quanto amara.
In fede mia, non ho mai avuto problemi con l’inevitabile passaggio di testimone su questa terra, qualora segua pedissequamente il perfetto disegno di quest’ultima.
Mi fido di questo pianeta, l’ho capito appena mi ha accolto nel suo liquido grembo che avrebbe sempre fatto ogni volta la scelta giusta.
Peccato che non possa dire lo stesso di mister Antropocene.
Ciò nonostante, non sono morta trucidata direttamente per mano vostra, sebbene questo non discolpi molti tra voi.
Perché ero una balena, un essere meraviglioso che non può che lasciare senza fiato chi ancora sia in grado di ampliare sguardo e commozione innanzi ai doni viventi.
E sono ancora una balena, ma al posto del mio cuore ora nel mio petto pulsa un infernale miscuglio composto da centoquindici bicchieri, quattro bottiglie, venticinque buste, due ciabatte del tip flip flop, un sacco di nylon, e mille altri pezzi di varie forme e colori.
Di plastica.
Già, per la vostra velenosa materia preferita, ho abbandonato la scena.
Ebbene, non ho accettato di partecipare allo spettacolo terrestre per finire in questo modo.
Vi prego, prima che sia troppo tardi.
Smettette immediatamente di considerarvi degni registi e sceneggiatori di quel che resta del mondo.
Come era previsto sin dall’inizio, lasciate che sia la natura a scrivere la storia di noi tutti, e alle madri di raccontarla.
Sedetevi, quindi.
E, finché c’è ancora tempo, ascoltate il loro canto...