Il nuovo muro

Storie e Notizie N. 1628

C’era una volta un muro.
Lo ricordate, tutti, no?
Venuto alla luce nell’agosto del 1961.
Leggi pure come la disgraziata eco di due vergognose macchie nella Storia che ci riguarda tutti direttamente, in carne, sangue e memoria.
Le guerre mondiali, già, come se prima di esse e in seguito avesse regnato pace assoluta.
Nondimeno, non l’inizio, ma la fine di un conflitto dovrebbe insegnare qualcosa ai contendenti, soprattutto ai parenti delle vittime sul campo.
Quel qualcosa non è un muro, di questo ne siamo tutti testimoni ed eredi.
Nondimeno, la linea di sospetto e rivalità che separò la Germania, e con essa il mondo in due anime necessariamente contrapposte, visse trent’anni.
Difatti, nel novembre del 1991, evento anticipato nell’anno precedente da un concerto memorabile, iniziò la sua distruzione.
Iniziò, esatto, proprio così.
Perché così funziona la vita dei muri più esecrabili, i quali trovano il collante migliore tra mattone e mattone nella sofferenza più viscerale.
Prendono forma nel breve e quando meno te ne rendi conto ti ritrovi dall’altra parte rispetto al tuo nemico, improvvisamente divenuto tale. Per ordine dall’alto, ovviamente, sempre dall’alto, non vi sbagliate. Perché i muri sono come le guerre, li costruiscono e per essi muoiono i più deboli, ma il cinico progetto sulla carta è redatto solo da matite e mani potenti.




Tuttavia, ridurne il terribile impatto sulla nostra esistenza richiede attenzione e costanza, dedizione e lucidità quotidiane a tempo indeterminato.
Sono come un fuoco divampante che si fa innocua brace al nostro seppur nobile soffio, ma basta un niente, come solo un nuovo carico di odio e menzogne sa essere, per farli resuscitare.
Ecco perché i tiranni di oggi berciano e sbavano urlando a gran voce la necessità di nuovi muri.
La realtà è che hanno iniziato a costruirli molto prima di invocarli ai confini con il resto del mondo, da cui necessariamente isolarsi, giacché non conoscono altro modo per relazionarsi con il prossimo.
Il recinto di filo spinato, o mattoni che siano, è solo il definitivo monumento da innalzare direttamente sulla ferita ancora aperta, incisa in tempi non sospetti.
Ci hanno già divisi da tempo, quando ne cominciano a reclamare la costruzione.
Lo fanno sempre, non sanno fare altro.
Poveri contro poveri, nelle parole, come nei simboli.
Esercito e polizia schierati contro entrambi, nelle divise d’ordinanza come nel portamento.
Popoli vicini contro popoli lontani, nelle immagini condivise, come negli slogan e nei programmi promessi.
E ancora il tuo dio contro il mio, la tua scienza contro le mie superstizioni, la tua speranza contro il mio cinismo, la tua ingenua fiducia nell’umanità contro la mia paura di tutto e tutti.
Il nuovo muro non sarà tra gli USA e il Messico, ovvero, non sarà affatto il nuovo.
A essere onesti, non ha senso parlare di vecchio e tantomeno il contrario.
Il muro è sempre stato lì, tra di noi, tenuto vivo giorno e notte da coloro che non riusciranno mai a vederci tutti come una sola cosa.
Per questa ragione, chi ha la convinzione che quest’ultima sia l’unica soluzione che ci permetterà di esistere ancora, all’indomani, non deve smettere mai, ripeto, mai di alzarsi ogni mattino e uscire di casa a buttar giù mattoni e far trapelar luce e compassione tra noi.


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