Il social network perfetto
Storie e Notizie N. 1642
Secondo una recente ricerca condotta su quasi 6000 giovani under20 da Generazioni Connesse e curata da Skuola.net, Università ‘Sapienza’ di Roma e Università di Firenze, circa 1 su 4 degli intervistati non si è mai preoccupato della privacy dei suoi dati online e, quasi altrettanti, se ne interessano saltuariamente. Inoltre, più di 7 adolescenti su 10 si sono iscritti a un social network quando avevano meno di 14 anni e 4 su 10 conoscono solo la metà dei propri cosiddetti ‘amici’.
Mi chiamo Mario, ma potrei aver mentito. Potrei pure essere Stefania, ovvero Corrado.
Okay, okay, non è di certo un bell’inizio partire con una possibile menzogna, e su questa costruire tutto il resto. Tuttavia, non sarei forse il primo, giusto?
Giusto?
A ogni modo, mi chiamo Mario e sono una persona, punto.
Fin qui, niente di speciale, tutto normale, quasi come la realtà. Ed è quel quasi a non farmi dormire la notte.
Così, ho trovato la soluzione a ogni mio problema.
Non faccio nomi, mi riferisco a un social network, quello.
Chiaro, no?
Ebbene, gli ho dato di editor di immagini come un vero mago degli effetti e ho mostrato una cura sopraffina nel descrivermi con un pugno di parole, alla stregua dei signori della sintesi più efficace.
Descrivermi…
Diciamo piuttosto nel descrivere lui, cioè me, ovvero la versione del sottoscritto che voglio rendere visibile e direttamente collegabile con… me, esatto. Tutto torna a me, alla fine della fiera, anzi, deve.
Fatto ciò mi sono impegnato con la giusta pervicacia a connettermi con i miei compagni di social, ecco.
Connettermi…
A collegare il puntino che mi rappresenta con quelli che a loro volta identificano le persone con le quali ho desiderato o accettato di connettermi.
Va bene così? Caspita come siete pignoli, e anche curiosi, già, perché neanche un anno più tardi qualcosa che non avrebbe dovuto palesarsi ha invaso l’inquadratura che mi riguarda.
Così, non posso più negarlo.
Mi chiamo, forse, Mario, sono quindi una persona, sebbene neanche questo sia certo, ma di sicuro sono assai permaloso.
Okay, okay, roba comune, niente di straordinario, ma trattasi di nervo scoperto nel mio caso, e allorché lor signori mi hanno donato la facoltà di decidere cosa rivelare e cosa no, perché dovrei lasciare che i miei difetti siano pubblici?
Nondimeno, nel social, quello, ho fatto ormai terra bruciata. Così, ho azzerato tutto, fatto tesoro degli errori precedenti, e mi sono iscritto all’altro.
Capito quale, no? È meglio, sapete? Perché è più semplice, dai, e non ci sono tutti quei troll che infestano il precedente.
See… pare vero.
A ogni modo, profilo rinnovato, nuova vita digitale.
Con maniacale precisione mi sono scelto un avatar che non fosse in alcun modo paragonabile al vecchio, un nickname che risultasse abbastanza trendy, e una presentazione attraente per il moderno mercato relazionale.
Sì, lo so, questo ci fa sembrare tutti come dei prodotti messi in fila sugli scaffali di un supermercato. Ma pure se fosse? Qual è il problema? Non vedevo l’ora di essere acquistato in massa, se questo era il modo per sentirmi popolare come ho sempre sognato.
Nondimeno, la brutta sorpresa, come la data di scadenza della merce alla quale mi sono appena paragonato, è sbucata puntuale da sotto il tappeto virtuale.
Okay, okay, sono sempre Mario, o forse continuo a fingere che sia il mio nome, dovrei essere una persona fino a prova contraria, mi hanno beccato sul fatto nella mia cronica permalosità, ma da un giorno all’altro mi hanno scoperto anche come un piagnucolone di prima categoria.
Per capirci, le prime lacrimuccie affiorano sulla soglia dei miei occhi con una facilità addirittura maggiore di quella con cui perdo le staffe qualora abbia l’impressione di subire una qualsivoglia critica.
Ma come ho fatto…
Eppure mi sono studiato una quantità industriale di tutorial sul montaggio video. Credetemi, ero certo di aver tagliato la fine della clip con cui esprimevo il mio cordoglio per quel gattino morto da solo in casa, di cui hanno parlato tutti i giornali.
Ciò nonostante, un conto è prodursi in un appassionato e commovente discorso solidale con la creaturina, e un altro è esplodere subito dopo in singhiozzi da poppante in piena crisi isterica.
Ovviamente, malgrado appena un paio d’ore dopo la pubblicazione abbia cancellato le prove della mia inconsapevole figura barbina, era ormai troppo tardi, giacché il video era già stato scaricato e condiviso ovunque.
I mesi successivi sono stati terribili. Mi sono chiuso in casa e ho vissuto come un reietto vampiro, uscendo solo a tarda sera per qualche indispensabile compera.
Tuttavia dovevo reagire, lo sapevo, e che il cielo benedica la rete e tutte le chance che offre alle creature esiliate dal regno dei bit.
Così, nel frattempo ho lasciato crescere la barba e mi sono rasato del tutto. Quindi, mi sono guardato allo specchio e mi son detto: sei pronto per tornare in pista. Ovvero, in un social.
Quello nuovo, avete presente?
No? Be’, allora siete indietro, perché vedrete che in pochi anni li supererà tutti.
Con l’ormai professionale competenza acquisita ho caricato un’immagine indecifrabile quanto fascinosa e mi sono auto introdotto con un paio di frasi capaci di catturare l’attenzione perfino dei defunti, senza scherzi.
Okay, okay, questa è sbruffonaggine bella e buona, ma occorre sempre una notevole dose di entusiasmo per ricominciare.
Sono stati giorni felici, quelli.
Ovvero… lo sono stati per la nuova proiezione digitale tramite la quale interagire con altri riflessi composti della medesima sostanza.
Poi, però, la solita maledizione ha colpito dove fa più male.
E dove fa più male? Qui, nel petto, sul quale in questo momento preciso punto il dito, malgrado nulla dolga lì, sul pianeta auspicabilmente indolore.
Io non volevo... e pure quella volta è stato il dito, sempre lui, o magari ciò che l’ha mosso.
Leggi pure come l’insoddisfatto desiderio di condividere le proprie segrete debolezze.
Come vorrei non aver premuto il pulsante di iscrizione a quel maledetto gruppo, dall’inequivocabile titolo: Quelli che dormono con la luce accesa in camera perché hanno paura del buio.
Se sapessero che nel mio caso, si dovrebbero conteggiare anche quella del corridoio e perfino la lucetta in bagno, sebbene sia a basso consumo.
Indi per cui, mi son ritrovato con le seguenti informazioni pubblicamente sputtanate e messe una di seguito all’altra: mi chiamo Mario, ebbene sì, sono una persona, lo confesso. E sono permaloso, piagnucoloso e fifone.
Ciò nonostante, ho accusato il colpo ancora una volta, ma non mi sono arreso, perché finché c’è internet c’è speranza.
Sono disposto ad attraversare l’intero World Wide Web alla ricerca del social network perfetto.
Dev’esserci da qualche parte quello che mi aiuterà per sempre a non far capire al prossimo chi sono davvero...
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Secondo una recente ricerca condotta su quasi 6000 giovani under20 da Generazioni Connesse e curata da Skuola.net, Università ‘Sapienza’ di Roma e Università di Firenze, circa 1 su 4 degli intervistati non si è mai preoccupato della privacy dei suoi dati online e, quasi altrettanti, se ne interessano saltuariamente. Inoltre, più di 7 adolescenti su 10 si sono iscritti a un social network quando avevano meno di 14 anni e 4 su 10 conoscono solo la metà dei propri cosiddetti ‘amici’.
Mi chiamo Mario, ma potrei aver mentito. Potrei pure essere Stefania, ovvero Corrado.
Okay, okay, non è di certo un bell’inizio partire con una possibile menzogna, e su questa costruire tutto il resto. Tuttavia, non sarei forse il primo, giusto?
Giusto?
A ogni modo, mi chiamo Mario e sono una persona, punto.
Fin qui, niente di speciale, tutto normale, quasi come la realtà. Ed è quel quasi a non farmi dormire la notte.
Così, ho trovato la soluzione a ogni mio problema.
Non faccio nomi, mi riferisco a un social network, quello.
Chiaro, no?
Ebbene, gli ho dato di editor di immagini come un vero mago degli effetti e ho mostrato una cura sopraffina nel descrivermi con un pugno di parole, alla stregua dei signori della sintesi più efficace.
Descrivermi…
Diciamo piuttosto nel descrivere lui, cioè me, ovvero la versione del sottoscritto che voglio rendere visibile e direttamente collegabile con… me, esatto. Tutto torna a me, alla fine della fiera, anzi, deve.
Fatto ciò mi sono impegnato con la giusta pervicacia a connettermi con i miei compagni di social, ecco.
Connettermi…
A collegare il puntino che mi rappresenta con quelli che a loro volta identificano le persone con le quali ho desiderato o accettato di connettermi.
Va bene così? Caspita come siete pignoli, e anche curiosi, già, perché neanche un anno più tardi qualcosa che non avrebbe dovuto palesarsi ha invaso l’inquadratura che mi riguarda.
Così, non posso più negarlo.
Mi chiamo, forse, Mario, sono quindi una persona, sebbene neanche questo sia certo, ma di sicuro sono assai permaloso.
Okay, okay, roba comune, niente di straordinario, ma trattasi di nervo scoperto nel mio caso, e allorché lor signori mi hanno donato la facoltà di decidere cosa rivelare e cosa no, perché dovrei lasciare che i miei difetti siano pubblici?
Nondimeno, nel social, quello, ho fatto ormai terra bruciata. Così, ho azzerato tutto, fatto tesoro degli errori precedenti, e mi sono iscritto all’altro.
Capito quale, no? È meglio, sapete? Perché è più semplice, dai, e non ci sono tutti quei troll che infestano il precedente.
See… pare vero.
A ogni modo, profilo rinnovato, nuova vita digitale.
Con maniacale precisione mi sono scelto un avatar che non fosse in alcun modo paragonabile al vecchio, un nickname che risultasse abbastanza trendy, e una presentazione attraente per il moderno mercato relazionale.
Sì, lo so, questo ci fa sembrare tutti come dei prodotti messi in fila sugli scaffali di un supermercato. Ma pure se fosse? Qual è il problema? Non vedevo l’ora di essere acquistato in massa, se questo era il modo per sentirmi popolare come ho sempre sognato.
Nondimeno, la brutta sorpresa, come la data di scadenza della merce alla quale mi sono appena paragonato, è sbucata puntuale da sotto il tappeto virtuale.
Okay, okay, sono sempre Mario, o forse continuo a fingere che sia il mio nome, dovrei essere una persona fino a prova contraria, mi hanno beccato sul fatto nella mia cronica permalosità, ma da un giorno all’altro mi hanno scoperto anche come un piagnucolone di prima categoria.
Per capirci, le prime lacrimuccie affiorano sulla soglia dei miei occhi con una facilità addirittura maggiore di quella con cui perdo le staffe qualora abbia l’impressione di subire una qualsivoglia critica.
Ma come ho fatto…
Eppure mi sono studiato una quantità industriale di tutorial sul montaggio video. Credetemi, ero certo di aver tagliato la fine della clip con cui esprimevo il mio cordoglio per quel gattino morto da solo in casa, di cui hanno parlato tutti i giornali.
Ciò nonostante, un conto è prodursi in un appassionato e commovente discorso solidale con la creaturina, e un altro è esplodere subito dopo in singhiozzi da poppante in piena crisi isterica.
Ovviamente, malgrado appena un paio d’ore dopo la pubblicazione abbia cancellato le prove della mia inconsapevole figura barbina, era ormai troppo tardi, giacché il video era già stato scaricato e condiviso ovunque.
I mesi successivi sono stati terribili. Mi sono chiuso in casa e ho vissuto come un reietto vampiro, uscendo solo a tarda sera per qualche indispensabile compera.
Tuttavia dovevo reagire, lo sapevo, e che il cielo benedica la rete e tutte le chance che offre alle creature esiliate dal regno dei bit.
Così, nel frattempo ho lasciato crescere la barba e mi sono rasato del tutto. Quindi, mi sono guardato allo specchio e mi son detto: sei pronto per tornare in pista. Ovvero, in un social.
Quello nuovo, avete presente?
No? Be’, allora siete indietro, perché vedrete che in pochi anni li supererà tutti.
Con l’ormai professionale competenza acquisita ho caricato un’immagine indecifrabile quanto fascinosa e mi sono auto introdotto con un paio di frasi capaci di catturare l’attenzione perfino dei defunti, senza scherzi.
Okay, okay, questa è sbruffonaggine bella e buona, ma occorre sempre una notevole dose di entusiasmo per ricominciare.
Sono stati giorni felici, quelli.
Ovvero… lo sono stati per la nuova proiezione digitale tramite la quale interagire con altri riflessi composti della medesima sostanza.
Poi, però, la solita maledizione ha colpito dove fa più male.
E dove fa più male? Qui, nel petto, sul quale in questo momento preciso punto il dito, malgrado nulla dolga lì, sul pianeta auspicabilmente indolore.
Io non volevo... e pure quella volta è stato il dito, sempre lui, o magari ciò che l’ha mosso.
Leggi pure come l’insoddisfatto desiderio di condividere le proprie segrete debolezze.
Come vorrei non aver premuto il pulsante di iscrizione a quel maledetto gruppo, dall’inequivocabile titolo: Quelli che dormono con la luce accesa in camera perché hanno paura del buio.
Se sapessero che nel mio caso, si dovrebbero conteggiare anche quella del corridoio e perfino la lucetta in bagno, sebbene sia a basso consumo.
Indi per cui, mi son ritrovato con le seguenti informazioni pubblicamente sputtanate e messe una di seguito all’altra: mi chiamo Mario, ebbene sì, sono una persona, lo confesso. E sono permaloso, piagnucoloso e fifone.
Ciò nonostante, ho accusato il colpo ancora una volta, ma non mi sono arreso, perché finché c’è internet c’è speranza.
Sono disposto ad attraversare l’intero World Wide Web alla ricerca del social network perfetto.
Dev’esserci da qualche parte quello che mi aiuterà per sempre a non far capire al prossimo chi sono davvero...
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