Razzismo nel Black Friday del calcio italiano
Storie e Notizie N. 1673
Con una quanto mai deprecabile copertina il Corriere dello Sport presenta l’imminente partita di calcio tra Inter e Roma e il famigerato titolo fa il giro del mondo.
Ecco come giustifica la cosa chi dirige il giornale, Ivan Zazzaroni: “Bianchi, neri, gialli. Negare la differenza è il tipico macroscopico inciampo del razzismo degli antirazzismi. La suburra mentale dei moralisti della domenica, quando anche giovedì è domenica. Black Friday, per chi vuole e può capirlo, era ed è solo l’elogio della differenza, l’orgoglio della differenza, la ricchezza magnifica della differenza.”
Lukaku e Smalling.
Il primo è un attaccante. Uno che brama il goal. Che cerca di far danzare la rete della porta grazie alla propria mira, la semplice potenza o anche solo la fortuna di essere riuscito a sconfiggere il suo più grande nemico, l’ultimo guardiano e protettore del risultato fino a prova contraria, in breve, il portiere.
Il secondo è un difensore. Uno che il goal lo impedisce. Che si spende per tenere al sicuro la porta amica con la sua prontezza di riflessi, tramite la dedizione alla causa, o soltanto la buona sorte di trovarsi al momento propizio nel punto che conta. Per averla alla fine vinta contro il suo principale avversario. L’ariete ostile, la punta della lancia antagonista, in una parola, il centravanti.
Chris Smalling e Romelu Lukaku, l’uno di fronte all’altro.
Il primo è un cittadino inglese di origini giamaicane, mentre il secondo è belga di genitori provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo. E se aveste l’occasione di incontrarli una sera a cena, per ascoltare il racconto delle rispettive infanzie e adolescenze, potreste scoprire che esistono un’infinità di sfumature originali venendo alla luce da figli di immigrati in luoghi distinti nel vecchio mondo. Perché Anversa è del tutto diversa dal borgo londinese di Greenwich. Perché ogni padre, ciascuna madre, stranieri o meno, allevano la loro prole in modo incomparabile. E perché ognuno di noi reagisce secondo la propria natura all’inclusione o l’intolleranza del prossimo oltre la soglia di casa.
Lukaku contro Smalling, per una notte.
Il primo non è sposato e non ha figli, mentre il secondo ha moglie ed è padre. Anche solo per tale fondamentale particolare, tra i due vi è un oceano di esperienze a dividerli.
Tra tutte, il momento esatto in cui ti rendi conto che la tua compagna ti ha reso partecipe del dono che portava in grembo. Perché per la prima volta vedi a occhio nudo il miracolo a cui hai contributo in minima parte e lo prendi in braccio, augurandoti di poter meritare con amore e impegno, giorno dopo giorno, di essere complice di siffatta meraviglia.
Smalling che sfida Lukaku, e quest’ultimo che raccoglie il guanto.
Il primo ha perso il papà quando aveva appena cinque anni, mentre quello del secondo è ancora vivo ed è un ex calciatore, così come lo è il fratello e il cugino. Allora, immagina cosa vuol dire scendere in campo, sin da piccolo, con la certezza che tuo padre sarà ogni volta lì sugli spalti, anche solo oltre la recinzione dei primi campetti dell’esordio. Ovvero non averla affatto, tranne la speranza che da qualche parte, lassù, riesca a trovare una nuvola libera per fare il tifo per te.
Lukaku, Smalling, ventisei anni, uno, trenta l’altro, che per un atleta è un tempo enorme. Perché in quattro anni e altrettante stagioni puoi vincere tutto e perdere ogni cosa. Essere celebrato come un campione o fischiato come il più clamoroso bidone.
Smalling, convertito al veganismo dalla compagna e Lukaku, fervente cattolico al punto da recarsi in pellegrinaggio a Lourdes, con tutto quel che rende peculiari la vita e le scelte quotidiane dell’uno rapportate a quelle dell’altro.
Lukaku vive e gioca a Milano, Smalling fa lo stesso, ma a Roma. E ditemi voi quale cittadino dell’una o dell’altra città potrebbe affermare che le loro esperienze siano identiche.
Così via, di seguito, ogni distinguo facilmente intuibile e del tutto rilevante diviene evidente. Soprattutto qualora avessimo l’interesse e il tempo di scoprire l’uomo più adulto e il ragazzo, gli esseri umani, che corrono e calciano un pallone sul campo o nello schermo della tv.
D’improvviso, diverrebbe palese una quantità inenarrabile di aspetti essenziali e degni nota, una vera miriade di particolari significativi, che rendono unici due individui, altrettante vite e storie personali.
Smalling, Lukaku. Lukaku e Smalling.
Se solo potessimo, non basterebbe di certo un singolo post per elencare quante differenze tra ciascuno di noi potremmo elogiare, riconoscere come motivo d’orgoglio e ricchezza, prima di arrivare al colore della pelle...
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Con una quanto mai deprecabile copertina il Corriere dello Sport presenta l’imminente partita di calcio tra Inter e Roma e il famigerato titolo fa il giro del mondo.
Ecco come giustifica la cosa chi dirige il giornale, Ivan Zazzaroni: “Bianchi, neri, gialli. Negare la differenza è il tipico macroscopico inciampo del razzismo degli antirazzismi. La suburra mentale dei moralisti della domenica, quando anche giovedì è domenica. Black Friday, per chi vuole e può capirlo, era ed è solo l’elogio della differenza, l’orgoglio della differenza, la ricchezza magnifica della differenza.”
Lukaku e Smalling.
Il primo è un attaccante. Uno che brama il goal. Che cerca di far danzare la rete della porta grazie alla propria mira, la semplice potenza o anche solo la fortuna di essere riuscito a sconfiggere il suo più grande nemico, l’ultimo guardiano e protettore del risultato fino a prova contraria, in breve, il portiere.
Il secondo è un difensore. Uno che il goal lo impedisce. Che si spende per tenere al sicuro la porta amica con la sua prontezza di riflessi, tramite la dedizione alla causa, o soltanto la buona sorte di trovarsi al momento propizio nel punto che conta. Per averla alla fine vinta contro il suo principale avversario. L’ariete ostile, la punta della lancia antagonista, in una parola, il centravanti.
Chris Smalling e Romelu Lukaku, l’uno di fronte all’altro.
Il primo è un cittadino inglese di origini giamaicane, mentre il secondo è belga di genitori provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo. E se aveste l’occasione di incontrarli una sera a cena, per ascoltare il racconto delle rispettive infanzie e adolescenze, potreste scoprire che esistono un’infinità di sfumature originali venendo alla luce da figli di immigrati in luoghi distinti nel vecchio mondo. Perché Anversa è del tutto diversa dal borgo londinese di Greenwich. Perché ogni padre, ciascuna madre, stranieri o meno, allevano la loro prole in modo incomparabile. E perché ognuno di noi reagisce secondo la propria natura all’inclusione o l’intolleranza del prossimo oltre la soglia di casa.
Lukaku contro Smalling, per una notte.
Il primo non è sposato e non ha figli, mentre il secondo ha moglie ed è padre. Anche solo per tale fondamentale particolare, tra i due vi è un oceano di esperienze a dividerli.
Tra tutte, il momento esatto in cui ti rendi conto che la tua compagna ti ha reso partecipe del dono che portava in grembo. Perché per la prima volta vedi a occhio nudo il miracolo a cui hai contributo in minima parte e lo prendi in braccio, augurandoti di poter meritare con amore e impegno, giorno dopo giorno, di essere complice di siffatta meraviglia.
Smalling che sfida Lukaku, e quest’ultimo che raccoglie il guanto.
Il primo ha perso il papà quando aveva appena cinque anni, mentre quello del secondo è ancora vivo ed è un ex calciatore, così come lo è il fratello e il cugino. Allora, immagina cosa vuol dire scendere in campo, sin da piccolo, con la certezza che tuo padre sarà ogni volta lì sugli spalti, anche solo oltre la recinzione dei primi campetti dell’esordio. Ovvero non averla affatto, tranne la speranza che da qualche parte, lassù, riesca a trovare una nuvola libera per fare il tifo per te.
Lukaku, Smalling, ventisei anni, uno, trenta l’altro, che per un atleta è un tempo enorme. Perché in quattro anni e altrettante stagioni puoi vincere tutto e perdere ogni cosa. Essere celebrato come un campione o fischiato come il più clamoroso bidone.
Smalling, convertito al veganismo dalla compagna e Lukaku, fervente cattolico al punto da recarsi in pellegrinaggio a Lourdes, con tutto quel che rende peculiari la vita e le scelte quotidiane dell’uno rapportate a quelle dell’altro.
Lukaku vive e gioca a Milano, Smalling fa lo stesso, ma a Roma. E ditemi voi quale cittadino dell’una o dell’altra città potrebbe affermare che le loro esperienze siano identiche.
Così via, di seguito, ogni distinguo facilmente intuibile e del tutto rilevante diviene evidente. Soprattutto qualora avessimo l’interesse e il tempo di scoprire l’uomo più adulto e il ragazzo, gli esseri umani, che corrono e calciano un pallone sul campo o nello schermo della tv.
D’improvviso, diverrebbe palese una quantità inenarrabile di aspetti essenziali e degni nota, una vera miriade di particolari significativi, che rendono unici due individui, altrettante vite e storie personali.
Smalling, Lukaku. Lukaku e Smalling.
Se solo potessimo, non basterebbe di certo un singolo post per elencare quante differenze tra ciascuno di noi potremmo elogiare, riconoscere come motivo d’orgoglio e ricchezza, prima di arrivare al colore della pelle...
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