Sotto la mascherina e oltre

Storie e Notizie N. 1875

C’era una volta Cox’s Bazar, una città sulla costa del Bangladesh meridionale, un porto dedito alla pesca, un centro turistico e una località di mare, la cui spiaggia è nota per essere tra le più incontaminate al mondo.
Sotto l’egida da sempre
della seconda città dello Stato, ovvero Chittagong - ma a tutt’oggi solo dal punto di vista amministrativo - Cox’s Bazar fu terra di conquista di molti, dai Tripuri ai sovrani di Rakhine, sino ad arrivare agli invasori stranieri, come portoghesi e britannici. All’ultima di siffatte ruberie, camuffate dagli stessi colpevoli e dalla Storia complice sotto forma di innocua impresa commerciale, si deve il nome. Ovverosia, il mercato del capitano Hiram Cox, incaricato di gestire il possedimento coloniale.
Come volevasi dimostrare, c’è ben altro da scoprire sotto la maschera e oltre. E siamo solo all’inizio.
Difatti, facendo un balzo nel tempo eccoci alla città nascosta nella città rubata, suddivisa tra il campo di
Kutupalong e quello di Nayapara, entrambi riservati ai rifugiati Rohingya.
Circa un milione di persone. Quasi un milione di vite umane. Poco meno di mille volte mille tra donne e uomini, anziani, giovani e anche bambini. Ciò che però di norma resta in mente, stiamo parlando di un ennesimo tra i molti centri per cittadini indesiderati fino a verità rivelata, più che prova contraria.
Osservate il confine che delimita tale abominio

istituzionalizzato: 



Guardate con me il muro che divide il fuori dal dentro; la liceità dall'illecito; la libertà sottovalutata dalla prigionia più ingiusta. Non so voi, ma nella mia testa deflagra subito dopo una miriade di domande senza apparente risposta. Tra tutte: chi davvero mette in pericolo l’altro, tra loro e noi?


Eppure è come se quella folle parete somigliasse alle mascherine che in questi difficili giorni stiamo indossando per proteggerci dal virus.
C’è qualcosa di strano nel non riuscire a leggere le labbra di chi parla ed esprime pensieri e sentimenti; è un’abitudine comune e umanamente normale, a prescindere se l’udito funzioni alla perfezione o meno.
C’è qualcosa di sbagliato nel non poter guardare la


speciale mimica delle stesse, tra l’unicità di un sorriso spontaneo e il fastidio di una smorfia di disgusto, tra il profilo di un bacio solo ammiccato e una irriverente linguaccia a sdrammatizzare ogni tensione.
Sotto la mascherina e oltre ci stiamo perdendo un mondo di informazioni di una preziosità


incommensurabile. Ma è necessario, perché c’è un virus che uccide, e questo dovrebbe essere sufficiente.
Ma qual è il morbo che all’inverso temiamo in coloro che teniamo chiusi in un recinto come se fossero bestie feroci e sanguinarie?
Ora, se
tutto ciò non bastasse a farci riflettere sulla pazzia insita in tutto questo, ci si mette pure il clima, oltre allo stesso Coronavirus, a rendere ogni cosa grottesca in modo straordinario.
Neanche una settimana fa, nell’infernale campo di cui sopra sono stati
rilevati i primi casi di infezione da Covid-19, mentre è di oggi la notizia che sia il Bangladesh che parte dell’India sono stati colpiti dal ciclone Amphan, il più violento

degli ultimi vent’anni.
Ovunque il tornado sia passato ha lasciato distruzione e caos. In venti sono morti, molti sono i dispersi e gli sfollati sono a milioni, come è accaduto altre volte in passato.
Gli abitanti di questa terra convivono da tempo immemore con la maledizione di essere sovente oggetto d’attenzione di tali piaghe.
Uno degli aspetti maggiormente tragici, però, visto che l’azione del ciclone non si è ancora conclusa, riguarda il rischio che in questo momento stanno correndo i prigionieri nel campo profughi.
Il pericolo è reale per loro, ma è ovunque adesso. Il virus all’interno e il ciclone all’esterno, ed entrambi se ne fregano dei muri e dei confini.
Sotto la mascherina e oltre, perfino fuori da essa, per i nostri la fine potrebbe arrivare comunque, e in questo modo l’ingiusta condanna alla prigionia diventa una sentenza di morte, mettendo ulteriormente in risalto la disumanità di luoghi come questi.
Perdonate, ma ho la netta impressione che con il passare del tempo la natura stia facendo di tutto per mostrarci quanto stiamo sbagliando l’uno con l’altro…

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