L’incompatibilità dei diritti umani

Storie e Notizie N. 1964

C’erano una volta i diritti umani.

Già, c’erano, hai letto bene.

Perché, dimmi, dove sono finiti, oggi, ora? Cosa ne è stato di presunte, universali Dichiarazioni e solenni promesse con le coscienze, più che le dita, incrociate dietro le spalle? La realtà attuale è che quei fondamentali principi a difesa di ogni singolo individuo, conquistati nei secoli scorsi al costo di terrificanti genocidi, impensabili abusi e, soprattutto, coraggiosi sacrifici, sono oramai divenuti incompatibili con le nostre cosiddette moderne e civili società occidentali. Esattamente come ha dichiarato il viceministro della Giustizia polacco, Sebastian Kaleta.

Ammettiamolo una volta per tutte e scriviamolo a caratteri cubitali, in modo che chiunque desideri oltrepassare i nostri confini, capisca meglio dove sta andando. Allo stesso, modo, affinché sia da avvertimento per coloro che a queste latitudini vedano la luce per la prima volta: diffidate di ciò che il vecchio mondo vi racconterà di sé sui libri di scuola, è il prezioso monito. È tutto assai più barbarico di ciò che sembra.

Ciò spiega alla perfezione perché l’Europa si accinga a facilitare azioni di respingimento di vite umane al confine tra la Bielorussia e la stessa Polonia, contraddicendo le sue stesse regole, sulla carta ispirate da valori ormai discutibili come accoglienza e solidarietà.

Per le medesime ragioni, a poche ore dalla morte di 27 persone, tra le quali una madre incinta e tre bambini, con l’odore del sangue e delle speranze trafitte ancora caldo nelle acque che li dividono, i capi di governo francese e inglese si accusano l’un l’altro di una responsabilità che dovrebbe, invece, essere condivisa. Perché sono morti degli esseri umani e, niente di meno e nulla di più, è ciò che tutti siamo, nessuno si senta alieno.

A questo proposito, come ci si può sorprendere allora se di fronte alla suddetta tragedia così recente il nostro – si fa per dire – Matteo Salvini, unicamente per i suoi xenofobi interessi elettorali, arrivi a dire che quindi, forse questo shock sarà utile.

Nondimeno, se mi limitassi alla sola Europa, farei un torto all’unico diritto considerato inviolabile, di questi tempi: quello alla disumanità, per logica coerenza. Difatti, in base a una cristallina versione di quest’ultima, giornalisti che osino scrivere dei diritti dei lavoratori e delle loro brutali condizioni durante la preparazione della Coppa del Mondo di calcio in Qatar vengono prontamente arrestati. Identicamente, gli attivisti dei movimenti sociali che lottano per la giustizia in El Salvador, è proprio per tale motivo che sono costretti a subire i raid governativi. Perché fanno beneficenza e cercano di aiutare la povera gente, il che è a questo punto è diventato un crimine. È normale altresì che in Etiopia un Nobel per la pace, invece di impegnarsi a far terminare un conflitto, si rechi al fronte per porsi alla testa delle sue armate e vincere e vinceremo. Ed è ordinaria amministrazione in Russia se il più importante gruppo a difesa dei diritti umani è per questa stessa ragione colpevole di aver violato la legge. Così come è del tutto sensato se in Malawi, venticinque anni dopo la realizzazione del campo profughi Dzaleka, il quale ospita già quasi cinquantamila persone, il Ministero per la sicurezza interna abbia dato un ultimatum di due settimane a migliaia di altrettante prima di fare il viaggio inverso e tornare nel campo. Perché la vita costa, sono le vite a valere poco o nulla, e i sentimenti intolleranti verso i poveri pesano più dei diritti di questi ultimi.

Mi sbaglierò, ma credo che lungo tale sciagurata strada c’è solo un traguardo, dopo il quale sarà tutto finito. Quando ci convinceremo che non solo i diritti, ma è la vita altrui a essere incompatibile con la nostra.

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Il mio ultimo libro: A morte i razzisti