Siamo solo alberi
Storie e Notizie N. 1963
Secondo l’ONG MapBiomas dall’agosto dell’anno scorso a luglio del 2021 il governo di Bolsonaro ha fatto cancellare in Amazzonia aree equivalenti a 745 milioni di alberi...
Sterminati in un anno. Una strage, indisturbata, in un pugno di mesi. Un crimine contro un pianeta, consumato ogni giorno senza risparmio. Un atto ignobile da denunciare con le corde vocali stremate e gli occhi infiammati da rabbia e commozione: settecento quarantacinque milioni di fratelli, sorelle, padri e figli, bambine, bambini, vita, vite, vissute, sfiorate, amate e nella memoria impresse, affinché, sino alla fine dei giorni, siano ricordate.
Se fossimo umani, forse - ma sì, voglio sperare che sia così - avremmo provocato enorme clamore. Se ne sarebbe parlato per giorni, settimane, mesi, forse anni. E, magari, qualcuno ne avrebbe fatto film, anche serie tv, pure romanzi, basta che se ne parli, è sufficiente che qualcuno ne pianga e rifletta, e che il seme del mai più venga sotterrato nei cuori di chi guarda e legge. Con l’auspicio che germogli e dia alla luce nuova pianta, realmente consapevole degli errori compiuti.
Ma noi altri… noi siamo soltanto i donatori d’ombra alla fine di una camminata estenuante o anche appena soleggiata.
Siamo la scenografia di un pomeriggio ameno, con il plaid a nascondere il prato e a far da pavimento a momenti di gioia e convivialità. Spesso anche d’amore.
Noi siamo il mantello per quest’ultimo, l’improvvisato tetto di una naturale alcova, a tener lontani l’inattesa pioggia, gli sguardi curiosi delle stelle e ogni indiscreta nuvola di passaggio.
Siamo perfino il rifugio di chi scappi per salvar vita o anche solo per gioco.
Siamo i nostri frutti, tutti, e tutti sono ciò che regaliamo, poiché tutti siamo quel che mangiamo.
Difatti, giacché siamo scrigni d’ossigeno e, all’occorrenza, di carbonio, noi siamo la terra stessa, ovvero il tuo pianeta.
Non meno preziosi dell’acqua e almeno degni al pari dell’aria.
Perché noi siamo anche ciò che inspiriamo ed espiriamo.
Siamo, più prosaicamente, i pali delle porte di campi di calcio, tennis e pallavolo, oltre al sostegno per un’amaca sulla quale recuperar sonno dalla notte sprecata.
Ma siamo anche la pagina sui cui incidere tracce di adolescenziali innamoramenti, ingenui e per questo sinceri.
Siamo i silenti testimoni di segreti, confessioni ed emozionanti dichiarazioni.
Siamo ciò che frena il vento e le parole che esso involontariamente rapisce.
Siamo il polmone del mondo, dicono, ma non la raccontano tutta.
Siamo molto di più e nessuno lo ha ancora compreso.
Perché non abbiamo voce nell’intero romanzo, figuriamoci in capitolo.
Non v’è mai nessuno a celebrare la nostra venuta al mondo e, quando ce n’è andiamo, più o meno crudelmente, al meglio otteniamo silenzio.
Nella peggiore delle eventualità c’è addirittura qualcuno che di gioia impazzisce e sfregandosi mani e conto in banca non vede l’ora di farsi carico di nuovo dei nostri funerali.
Siamo oramai elemento d’arredo lungo fiumi di cemento e ferraglia rovente.
Riuniti in vere e proprie riserve striminzite a dare una mano di verde all’orgoglio ecologista delle giunte comunali.
Ma siamo ancora, forse per poco, la più grande delle ricchezze per coloro che nelle riserve ci vivono perfino oggi, malgrado considerati primitivi dal resto del mondo.
Siamo stati casa per tutti, non solo scoiattoli e uccellini da cartoni animati.
Siamo stati meritevoli d’abbracci e carezze.
E siamo stati anche adorati e pregati, quando per ciascuno la natura era Dio. Non era male come fede, perché la nostra è ancora oggi l’unica religione per la quale non si sono compiuti massacri e addirittura genocidi.
Perché alla fine della storia a morire siamo stati noi.
Che eravamo solo alberi...
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Il mio ultimo libro: A morte i razzisti