Credo a chi lotta per me
Storie e Notizie N. 1971
Mi chiamo Fiume, il più lungo dell’Isola nota come Nuova Guinea.
È ciò che sono, che ero all’inizio e tutto quel che sarò quando sarà finita.
Perché finirà, lo so, giacché è letteralmente nella natura delle cose.
Eppure, lungo il corso del tempo tanto quanto di me stesso, di nomi, vita e morte di ideali e creature ne ho veduti un’infinità. Così come di parole e promesse, minacce e sentenze, preghiere e addii di umana fattura ne ho uditi altrettanti.
Di chi fidarsi? Della primissima anima incontrata o dell’ultimo arrivato? Tale è il dilemma di chi non ha scelto di far parte di questo pianeta, poiché ne fa parte, punto, e questo basta e avanza.
Per spiegare la mia scelta al suddetto fondamentale quesito vorrei partire proprio dall’incipit della mia storia secondo umanità.
La versione degli Iatmul:
La leggenda delle omonime popolazioni indigene narra che all’alba del mondo il pianeta era composto unicamente da acqua e una sorta di mare primordiale ricopriva l’intera superficie. A un tratto si levò un vento di potenza inaudita, come se non se n’era mai visto prima, capace di smuovere le onde e rivelare ciò che l’acqua nascondeva nelle sue profondità. È così che la terra come la conoscete emerse e si mostrò al sole.
In seguito, da quella stessa terra si aprì come una ferita, ma di quelle benigne, sotto forma di un’immensa fossa. Da essa fecero capolino e videro la luce gli spiriti ancestrali e gli eroi della cultura, i quali erano destinati a popolare e far fiorire il mondo come lo conosciamo. Difatti, quei magici antenati dell’uomo presero a migrare ovunque e dove transitavano la terra emergeva ulteriormente dalle acque, prendendo le forme più riconoscibili, dagli alberi alle montagne, le piogge e anche le stelle del cielo, ogni cosa della natura.
Gli antenati si presero anche la responsabilità di dare un nome a ogni singolo elemento e ciascuno di essi è a sua volta rappresentato tramite totem magici. Essi sono i cardini della narrazione religiosa, unica per ciascun villaggio e i rispettivi clan. Questi ultimi, da millenni, si dissetano con la mia acqua e si nutrono con i miei frutti, rievocando la nascita del mondo con canti e danze e dimostrando di non aver dimenticato che sono nati da una migrazione; e che la terra è madre e sorella, e lo sarà sino alla fine dei tempi.
La versione degli altri:
I primi tra costoro giunsero nel 1884 e portarono con sé le loro parole, i loro nomi.
Non più Isola, bensì Impero Coloniale Tedesco.
L’idea fu di una fiera chiamata Impresa Commerciale, che a sua volta si chiamava Deutsche Neuguinea-Kompagnie, ovvero Compagnia Tedesca della Nuova Guinea.
Ma è l’anno successivo che un uomo di nome Otto Finsch, presentatosi come scienziato ed esploratore, si arrogò il diritto di ribattezzarmi Kaiserin Augustafluß, che vuol dire il Fiume dell’Imperatrice Augusta.
Chi era costei? Mi domandai. E perché ne divento proprietà da un momento all’altro solo perché l’ha deciso uno che si chiama come un numero? Peraltro pure piccolissimo. Se fosse stato Tremila quattrocento sette l’avrei pure capito, ma Otto…
In seguito, i nuovi arrivati trovarono il tempo di prestare orecchio alle parole dei nativi, e ciò mi fece guadagnare ben due nuovi nomi: il più diffuso Sepik, o Sipik, e Abschima.
Negli anni successivi i tedeschi presero ad esplorarmi da cima a fondo e la vidi come una buona cosa. Pensai che una volta compreso meglio chi fossi avrebbero mostrato il rispetto e tutte le attenzioni che i nativi hanno sempre avuto per me.
Da allora, altri arrivarono sempre dalla terra chiamata Germania, la Südsee-Expedition sponsorizzata dall'Accademia delle scienze di Amburgo, la German-Dutch Border Expedition e la Kaiserin-Augusta-Fluss-Expedition, per raccogliere piante e costruire mappe. Mi sembrava qualcosa di positivo e innocuo.
Quindi i tedeschi non si fecero più vivi. Dicono che c’entri la Prima Guerra Mondiale, ma non capisco il senso delle parole. Chi è il nemico? Cosa vuol dire? Che il mondo combatte contro se stesso?
Mah, ciò che conta è che dopo questa guerra, giunsero gli australiani. Altri colonizzatori, altro nome da conquista, ovvero Territorio della Nuova Guinea, e ulteriori esplorazioni e mappe.
Perché? Non si fidavano dei tedeschi, forse? Magari è che a forza di cambiare i nomi, siete ogni volta costretti a ricominciare a raccontare il mondo da capo?
Poi, il tempo di abituarmi agli australiani, è scoppiata la Seconda Guerra Mondiale. E se davvero è il mondo che combatte contro se stesso, perché rifarlo? Perché nella prima la Terra aveva vinto o aveva perso?
A ogni modo, dopo tedeschi e australiani arrivano i giapponesi.
Atri nomi, nuove esplorazioni e ulteriori mappe, finché ho avuto modo di vedere con i miei occhi questa cosa delle due guerre.
Gli australiani non volevano proprio rinunciare al sottoscritto e si scontrarono con i giapponesi, costringendo questi ultimi alla resa.
E qui accadde qualcosa di terrificante: per rappresaglia gli sconfitti massacrarono cento tra i nativi del villaggio vicino, accusandoli ingiustamente di aver aiutato i loro nemici.
Ora, veniamo ai giorni nostri: nella terra chiamata Australia vi è registrata una cosa chiamata società che è cinese e si chiama PanAust che vuole dar vita a un mostro detto miniera, con il quale saccheggiare il letto del mio fratello Fiume, conosciuto come Frieda, alla ricerca di rame, oro e argento.
Frieda è acqua della mia acqua perché sfocia direttamente in me. Ciò che accade a lui, accade al sottoscritto.
Ebbene, si dà il caso che più di 2000 nativi dei villaggi che da millenni vivono accanto a noi si oppongono alla creazione del mostro perché a loro avviso rappresenta un grave rischio per la loro sopravvivenza e di quella dell’ambiente circostante.
Da cui, la domanda: a chi credere tra i due?
La mia risposta è semplice.
Io credo a chi lotta per me e non contro di me.
Perché il mondo che combatte contro stesso è qualcosa che non mi apparterrà mai.
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