Missioni di pace fossile

Storie e Notizie N. 1970

Proviamo ancora una volta a immedesimarci in qualcun altro, nelle cui vesti osservare e ragionare su una delle molte vergognose notizie recenti.
Che so, un adolescente iracheno, una ragazza somala o un bambino del Mozambico.
La giovane età è criterio indispensabile, poiché ritengo – ovvero confido - che l’esperienza abbia da tempo aperto gli occhi dei più maturi.
Mettiamo quindi che dal loro peculiare punto di vista, dal rispettivo paese d’origine, sappiate che perlomeno sulla carta le genti d’occidente, militarmente vestite, siano giunte dalle vostre parti per nobili motivi.
Per esempio che in ordine sparso, come da fonti ufficiali e più o meno autorevoli, l’Operazione Atalanta abbia come principale scopo quello di proteggere le navi del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, salpate giustappunto per consegnare aiuti alimentari alla popolazione somala e che  la missione AMISOM sia presente
nello stesso paese per formare l’esercito locale e soprattutto rendere sicura la distribuzione degli aiuti umanitari; che la missione IRINI – che in greco vuol dire pace… - abbia il compito di impedire che siano effettuate in Libia importazioni ed esportazioni illecite, armi, per dirne una; che l’Operazione Mare sicuro sia destinata letteralmente a rendere sicuro il mare da altrettante attività illegali e disumane, come il contrabbando di droga o il traffico di esseri umani; che la versione internazionale di quest’ultima adottata dalla Nato, denominata Sea Guardian, sia stata pensata per contrastare il terrorismo e il trasporto di armi di distruzioni di massa; che l’iniziativa multinazionale europea EMASOH esista per garantire sicurezza alla libera navigazione. Che poi, mi domando, la libera navigazione riguarda tutti o solo chi ha il super green pass in salsa neocoloniale?
Potrei andare avanti, ma mi limito a citare solo anche la Missione Nato in Iraq, NMI, che si occupa sempre sulla carta di salvaguardare le istituzioni del luogo e arginare l’Isis e le operazioni EUTM di addestramento degli eserciti locali ancora in Somalia e in Mali.
Che dire, al posto di uno a caso dei sopra citati nell’incipit, potresti considerare un vantaggio tale sproporzionato impegno degli occidentali, in buona parte europei, nel donarti sicurezza e sostegno.
Poi però capita di trovarti innanzi agli occhi un recente rapporto di Greenpeace e scopri che l’obiettivo primario del 64% delle suddette missioni e operazioni militari di matrice nostrana non è affatto quello di proteggere la tua vita e il tuo futuro, bensì di curare gli interessi delle varie multinazionali e aziende del petrolio e di ogni tipo di combustibile fossile che gli amici venuti da lontano continuano a trafugare dal tuo paese come gigantesche quanto insaziabili zanzare vampiro.
Forse mi sbaglierò, ma tenendo conto – anzi, no, contiamoli eccome –  dei 2,4 miliardi di euro spesi negli ultimi quattro anni dal nostro governo, di cui 800 milioni solo nel 2021, sono incline a pensare che l’adolescente iracheno, la giovane somala, il bambino del Mozambico e tutti noi, cittadini con un minimo di coscienza politica, sociale e umana ancora sopravvissuta, abbiamo un enorme problema in comune

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