Sei giraffe morte
Storie e Notizie N. 1972
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La foto di sei giraffe morte di sete in Kenya a causa della siccità è divenuta virale in pochi giorni.
Da cui:
Prove per ennesimo pezzo con lo scopo di sensibilizzare chi legge riguardo ai cambiamenti climatici e, soprattutto, alla necessità di modificare il proprio stile di vita ovunque si trovi, grazie alla consapevolezza che il problema è mondiale e ne siamo tutti responsabili con ciascuna delle scelte che facciamo nel quotidiano, da chi votiamo a cosa compriamo, da quel che mangiamo o come viaggiamo, da cosa consumiamo a tutto quello che diffondiamo nella natura, eccetera ed eccetera.
Prima: prosa ricorsiva che dovrebbe colpire per accrescimento.
Sei.
Sei giraffe.
Sei giraffe morte.
Sei giraffe morte in Kenya.
Sei giraffe morte in Kenya per la siccità.
Sei giraffe morte in Kenya per la siccità causata dal riscaldamento globale.
Sei giraffe morte in Kenya per la siccità causata dal riscaldamento globale, a sua volta provocato dall’umanità.
Sei giraffe morte in Kenya per la siccità causata dal riscaldamento globale, a sua volta provocato dall’umanità - compresi il sottoscritto e te che leggi.
Sei giraffe morte in Kenya per la siccità causata dal riscaldamento globale, a sua volta provocato dall’umanità - compresi il sottoscritto e te che leggi – senza contare più di due milioni di nostri simili che stanno scomparendo per la fame e la sete nel medesimo paese.
E mi chiedo: la foto in primis, questo brano o qualsiasi altro contributo condiviso sull’argomento in questi giorni, spingeranno anche solo uno di quegli individui che vanno in giro con il SUV per le nostre città, occupando strade e futuro dei nostri figli, a cambiare una volta per tutte mezzo di trasporto?
Seconda: provocatorio interrogativo per suscitare una personale messa in discussione.
Okay, hai visto la foto con le giraffe defunte e anche per merito della suggestiva composizione dei cadaveri ti sei commosso. Quindi, oramai per un meccanismo inerziale del tutto privo di lucidità, il tuo rilevatore di immagini con un’alta probabilità di farti ottenere like, cuoricini, condivisioni e iscritti – al netto o meno della tua sincera empatia verso le povere bestiole – ti induce a condividerla all’istante.
Un minuto… ma che dico? Un secondo dopo passi ad altro e di ben differente tenore. Che so, un meme particolarmente riuscito, il video con la solita lite preparata in un talk show dove tutti parlano e nessuno ascolta, un altro con un minus abens che si diverte con un videogioco, ovvero tu guardi e lui guadagna, e riprendi con la quotidiana slot machine del web. Ma se fossero vive le giraffe? Se ti dicessero che gli animali sono ancora tra noi e che la loro sopravvivenza dipende da me e te, e chiunque nel mondo si deciderà una volta per tutte a operare un cambiamento radicale nella propria vita?
E mi domando: quest’ultima versione indurrà il lettore a diminuire il consumo di carne, per dirne una tra le molte cause del riscaldamento globale, o addirittura a eliminarla del tutto?
Terza: la consueta fiaba con finale auspicabilmente incisivo.
C’erano una volta sei giraffe morte.
All’interno di ciascuna vi erano nascosti sei bambini, sei amici, sei ostinati cercatori di domani possibili, di dopodomani raggiungibili, e così via speranzosamente vivendo.
Sei creature vive e vegete, assetate e affamate di attenzione e solidarietà, ancorché acqua e cibo.
Il piano era stato semplice e ardito allo stesso tempo: “Nascondiamoci tutti nei ventri delle regine dal collo lungo”, aveva proposto il più fantasioso, “così ci fotograferanno e ci vedranno in tutto il mondo.”
“Ma là dentro ci sarà cattivo odore”, si lamentò il secondo.
“Sei matto? Verranno i predatori e ci mangeranno assieme a loro!” paventò il terzo.
“E prima di ciò moriremo comunque, perché nelle pance delle giraffe non c’è aria, lo sanno tutti”, spiegò il quarto.
“Anzi, verremo digeriti dalle regine”, sentenziò il quinto. “Perché il loro stomaco è l’ultimo a morire, e anche questo lo sanno tutti.”
Il sesto bambino, ovvero il primo, quello dall’immaginazione senza muri, non si scompose e disse: “Potrebbe accadere tutto ciò che dite e anche di peggio, ma se saremo fortunati, forti e astuti, ovvero quel che ci ha tenuti in vita sino a oggi, quando comincerà a viaggiare nelle case e nelle città di tutto il pianeta, noi salteremo fuori dalla foto all’improvviso e troveremo tutta l’acqua e il cibo che il popolo che guarda e distrugge ci ha rubato.”
Quarta, quinta, sesta, settima prova... e sino all’ultimo respiro, ponendomi ogni volta lo stesso quesito in differenti forme: queste parole serviranno a togliere anche solo un grammo di ottusità dal piatto della bilancia che sta scendendo sempre più in basso, spingendo l’altro così in alto da sciogliersi al sole come le ali di Icaro?
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