La fiaba di Sir Roccianera
Storie e Notizie N. 2059
Ovvero, Il regno delle parole e la terra di lacrime e sangue
C’erano una volta due mondi, differenti e disgiunti, contraddittori e antitetici.
Tuttavia, per una volta potrai osservarli l’uno accanto all’altro.
Come leggere una storia con il testo della traduzione a fronte, ma per amor di realtà, più che per ragioni meramente linguistiche.
O, se preferisci, come seguire due schermi nello stesso tempo. E anche se una tra le più ineludibili regole teatrali esige di non mostrare mai più di una scena alla volta, in tal caso risulta fondamentale per cogliere il senso.
Tanto il protagonista è lo stesso. Ciò che cambia è il contesto. O, meglio, quel che differisce è nelle parole, nella loro presenza, importanza e peso negli occhi di chi legge o ascolta. E la discordanza è tale al punto che, in uno dei riquadri, sintassi e semantica contano poco o nulla, te l’assicuro.
Indi per cui, come si usa da queste parti ormai da più di un decennio, c’era una volta un cavaliere. Usiamo una figura fiabesca, riconoscibile e attraente per ogni tipo di pubblico.
Lo chiameremo Sir Blackrock. O, meglio, per rendere la trama più familiare a noi altri, Sir Roccianera.
Leggi pure come l’uomo forte, il vincente, colui che ha ottenuto fama e potere, ambito e ammirato da quasi tutti, diciamolo.
Nel primo dei suddetti quadri il nostro lo troviamo giustappunto nell’atto di parlare, comunicando i suoi pii e nobili proponimenti: “La sostenibilità porta profitti”, afferma con estrema convinzione, sottolineando la propria sensibilità nei confronti del rispetto dell’ambiente e dei diritti del pianeta.
D’altra parte, siamo nel lato della vicenda dove regnano indiscusse le parole, e Sir Roccianera ha imparato quando e come sfoggiarle.
“Sono sempre stato in prima linea nell’ESG”, continua il suo monologo, “ovvero l’ambiente, il sociale e la governance.
“Ho a cuore la crisi climatica e, come già detto, la sostenibilità. Ma anche la diversità e i diritti umani, i consumatori e i la difesa degli animali, oltre che la gestione e l’organizzazione di tutti i sottoposti, tra vassalli e valvassori, scudieri e paggi, cortigiani e cortigiane.
“Inoltre, per l’allargamento dei miei possedimenti, sono a favore degli investimenti responsabili, attenti e socialmente equi, in accordo alle linee guida delle Nazioni Unite, con cui tra l’altro ho già dimostrato di avere a cuore l’emancipazione delle donne e l’uguaglianza di genere.”
Mentre le parole di Roccianera scorrono via una dopo l’altra, esse sono accompagnate e sostenute da sguardi, cenni del capo e sorrisi di approvazione, nonché mani che estasiate si uniscono l’una contro l’altra in inebriati applausi, prima di lanciarsi alla ricerca di una servile quanto interessata stretta di mano con il noto cavaliere alla fine del suo intervento.
Allo stesso tempo, tuttavia, non può che stridere in modo incredibile, se non fosse tutto vero, ciò che avviene nello schermo accanto.
All’interno di quest’ultimo non servono le chiacchiere, contano i fatti.
E i fatti ci dicono che Sir Roccianera non solo si rifiuta di ridurre o ritardare i pagamenti degli interessi, che in modo crudele, infame quanto subdolo pretende di incassare sulla pelle di un Paese povero e funestato dalla siccità come lo Zambia, ma conta di intascare enormi profitti a discapito della sopravvivenza dei disgraziati abitanti, i quali sono stati costretti a tagliare la spesa sanitaria e quella sociale – per usare due parole tanto care al Sir – per colpa di questa vergognosa situazione.
Ecco, ora sì che il disegno è completo e, se ci pensi, è sempre lo stesso: da un lato un cumulo di parole prive di sincerità o fondamento, e dall’altro lacrime e sangue.
Sarà forse per questo che non mi sono mai piaciuti i cavalieri delle fiabe - tranne Don Chisciotte, per ovvie ragioni - e ho sempre fatto il tifo per la principessa rinchiusa nella torre, con il desiderio che trovasse da sé la forza di liberarsi invece di aspettare il prode salvatore. Che il più delle volte, nella vita reale, non arriverà mai perché è troppo impegnato ad abbuffarsi di fronte a una tavola imbandita…
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