Non sei sui social?

Storie e Notizie N. 2072

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Negli ultimi anni siamo sempre più iperconnessi, soprattutto gli adolescenti, i quali  trascorrono dalle 8 alle 10 ore al giorno su internet, in gran parte sui social network. Il tutto con conseguenze disastrose per la salute fisica, mentale ed emotiva.
Da cui il seguente verosimile dialogo ispirato da un fatto realmente accadutomi di recente
:

“Non sei sui social?” Mi chiede l’amico che non vedevo da un po’.
“No, ne sono uscito da qualche anno”, rispondo facendo volutamente della facile ironia paragonando i suddetti a delle droghe, ovvero oggetti o soggetti che causano una dannosa forma di dipendenza.
“Davvero?” Insiste.
“Sì, davvero”, rispondo.
“E come faccio a inserirti nel mio gruppo su Facebook?”
“Per semplice logica, non puoi, ecco.”
“E perciò non potresti neppure aggiungere un like alla mia pagina fan?”
“No per l’identico motivo.”
“Ah, capisco. Però posso sempre condividere con te qualche post, un’immagine o un video?”
“Puoi ancora farlo, ma non è detto che io possa accedervi, non essendo iscritto…”
“Già, è vero.”

“E se ti giro una storia su Instagram? Ne scrivo delle belle, sai?”
“Non lo metto in dubbio! Ma, vedi, ti ho spiegato all’inizio che non sono sui social.”
“Ah, giusto. Social nel senso di plurale.”
“Esatto.”
“E come faccio a farti vedere un video di Tik Tok? Non sai la roba assurda e anche divertente che mi girano.”
“Non puoi per le ragioni di cui sopra, ma aggiungo che sono felice per te se hai trovato un modo gradevole di passare il tempo.”
“Sei sarcastico?”
“No, dico sul serio!”
“Niente social al plurale, quindi.”
“Proprio così.”

“E come la mettiamo con gli streaming di Twitch?”
“Non la mettiamo in alcun modo, non ce l’ho.”
“No…”
“Sì invece.”
“Ah sì? Quindi l’hai installato? Aspetta che ti mando subito un link…”
“Fermati, non ci siamo capiti. Intendevo dire sì che non ce l’ho.”
“Oh, chiaro.”
“Plurale, ricordi?”
“Sì, giusto.”
“Non ci va la esse finale in social, vero?”
“No, perché sarebbe l’aggettivo. Diverso il discorso per il sostantivo e allora si dovrebbe dire social networks.”
“Abbreviando, i social.”
“Precisamente.”

“E Twitter? Dài, non ci credo, su. Ci sono tutti, andiamo.”
“Non proprio tutti, ecco, e poi non credo di essere il solo.”
“Non sei su Twitter? Ma lì è diverso, il limite al numero dei caratteri, il contenuto essenziale, la qualità della sintesi, e l’immediata condivisione che…

“Ho capito e non lo nego, che ti posso dire? Mi dispiace.”
“Di che?”
“Di non esserci.”
“Sul serio?”
“No…”
“Eh, infatti, mi sembrava strano.”

“Quindi niente social nel senso di plurale, alla lettera?”
“Già, letteralmente.”
“Aspetta, ma stai scherzando? Mi ricordo che ti piaceva scherzare.”
“Macché, non ci vediamo da una vita e la prima cosa che faccio mi prendo gioco di te?”
“In effetti.”

“Quindi, in conclusione, non sei sui social?”
Sospiro, osservo il mio vecchio amico, lo guardo dritto negli occhi e con una flebile speranza nell’umanità gli rispondo così: “No, ma il bello è che sono davvero qui, ora. Ti va di raccontarmi di te?”

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