Un sogno per il 20 novembre

Storie e Notizie N. 2065

Okay, tutto questo è molto ingenuo. Lo so da me, va bene? Ma vorrei scriverlo lo stesso.
Non è una storia, ma ci sta. Ovvero, nel senso che rientra in una pagina.
Perché mentre ci vuole immensamente tanto quando la questione riguarda una singola persona, per giunta potente e senza alcun controllo, basta poco, pochissimo, se a volerlo, gridarlo, pretenderlo, sono in molti. Per quanto deboli e insignificanti, oppressi o solo trascurati.
È come fare lo stesso sogno, già, ma tutti nello stesso tempo. E allora non conta più quanto sia semplice e utopico il disegno. Perché quando moltiplichi tra loro le più irrealizzabili speranze è come sfregare due sassi: dalla pazienza e la tenacia alla scintilla e al fuoco, e che la luce brilli nell’oscurità.
Mi spiego meglio: sto parlando della guerra, ora, come facevo stamani non da solo innanzi al monitor, bensì con un gruppo di ragazzi. Adolescenti giustamente ansiosi, preoccupati, infastiditi e anche adirati.
Ma come? Non vi è bastato il Covid? Anche la guerra? E addirittura i missili e le armi nucleari? Non sono sufficienti il riscaldamento globale e l’inquinamento? Quanti altri motivi volete darci per essere arrabbiati con voi adulti?
Potrei andare avanti, ma sono qui per proporre, giammai per associarmi indegnamente alle loro giuste lamentele.
Come ho pensato e ricordato loro poche ore fa, parafrasando il motto di Martin Luther King, noi vecchi abbiamo in mano il loro presente e forse anche il futuro, e molti di noi, soprattutto coloro che stanno facendo maggiori danni, non glielo ridaranno indietro volontariamente. Con veemenza i giovani devono esigere la restituzione di entrambi qui e ora, o il prima possibile. In una sola espressione, prima che sia troppo tardi.
Nel mentre, auspicandomi questo e anche altro, oltre ad ascoltarli e nel mio piccolo offrire sostegno e incoraggiamento, io sogno. Non posso farne a meno, forse è un disturbo mentale il mio, ma so che è incurabile e mi dà sollievo trasferirlo nero su bianco.
Prima di ciò chiudo gli occhi e lascio che le mani guidino le parole dal cuore allo specchio luccicante di bianco in attesa di essere nutrito di racconti e desideri.
Io ho un sogno, quindi, e non me ne vergogno.
Sogno che accada qualcosa di straordinario il prossimo 20 novembre, ovvero non a caso nel giorno in cui in larga parte del mondo viene celebrata la Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
Sogno che per una volta non sia soltanto l’occasione per celebrare qualcosa che si esaurirà allo scadere della mezzanotte al termine della magia, bensì per gridarla al mondo intero con voce talmente potente da produrre un’eco inarrestabile. Affinché chi ha orecchio e soprattutto responsabilità intenda e ascolti. Ancora e ancora nei giorni a seguire.
Sì, lo so, è roba di un’ingenuità strabordante. Ne sono consapevole, d’accordo? Ma arrivo comunque alla fine, perché sono andato ben oltre da tempo e cosa ho da perdere oramai?
Io sogno più di due miliardi di adolescenti riuniti nella stessa pagina, la loro.
Io sogno precisamente 2.375.649.484 ragazze e ragazzi che non hanno ancora diciotto anni.
Io sogno costoro e anche chi ha qualche anno in più, ma ugualmente senza alcuna colpa di ciò che di brutto sta accadendo nel mondo.
Sogno ciascuno di loro e oso.
Oso sognare che domenica 20 novembre, nella giornata ufficialmente dedicata ai loro diritti, inviino con ogni modo a loro disposizione un messaggio di qualsiasi lunghezza indirizzato a Putin, Biden, Xi Jinping e coloro che su questa terra possono concretamente fare qualcosa per rimediare al disastro imminente.
Io voglio vivere, sarebbero le mie prime parole. Così come lo esige il pianeta chiamato terra.
Tuttavia il sottoscritto conta poco e c’entra anche meno, giacché la verità è che questo sogno non riguarda me, ma loro. E mentre il mio è incredibilmente ingenuo, il resto è l’unica cosa che conti sul serio a questo mondo...

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