Come essere e fare opposizione

Storie e Notizie N. 2122

È un po’ che ci penso.
Forse da sempre.
È un’ossessione, la mia, credo, quella di cercare di far tesoro nel modo più concreto e lungimirante, efficace e partecipato possibile, dei momenti peggiori. E non mi riferisco soltanto a ciò che nel tempo mi è accaduto personalmente. È piuttosto un discorso generale. Oserei dire universale, ma pronunciando l’aggettivo dall’angolazione meno autorevole. Come dire, spalanco la finestra e provo a guadagnare la visione più ampia delle cose che i limiti del mio panorama mi impongono.
Prendete la strage di Cutro.
Anzi, no, consideratele tutte, non solo quelle che costringono taluni a organizzare in fretta e furia una buffonata di riunione ministeriale sul luogo del delitto, con l’incredibile sfacciataggine di non considerarsi in alcun modo parte responsabile di un crimine che va avanti dal secolo scorso e oltre.
Nel momento in cui sto scrivendo la farsa governativa non è ancora andata in scena, ma ci sono già in giro le prime indiscrezioni su quali saranno le risposte degli attuali leader del paese a quelle morti. Potrei chiamarle anticipazioni, ma sarebbe ridicolo, perché non c’è niente di nuovo o di pieno, in quelle parole. Non c’era prima, non può esserci dopo, né mai, anche qualora si senta ancora l’eco delle urla dello strazio di chi si porterà sulle spalle il peso della sopravvivenza, quando invece avrebbe dovuto essere il premio finale, ma per tutti.
Diamogli un senso, invece, a quel dolore, ma non come singoli individui.
Come comunità.
Non come partito o coalizione.
Come umani che intendono ridare a questo aggettivo il significato originale, semmai ce n’è stato uno. E se non c’è più nulla a cui far riferimento, prendiamo ispirazione anche in questo dalla gente che per arrivare su quella costa ha dato tutto.
La vita umana, la propria, quella dei loro cari, il presente dei più giovani, il futuro di tutti, dal primo all’ultimo passeggero della barca che affonda, ma forse no, magari oggi no, e allora si va, di nuovo e di nuovo ancora.
Alla ricerca dell’altro.
È quest’ultima la morale, per me, lo è sempre stata, altrimenti per quale motivo mio padre è giunto fin qui nel secolo scorso? Per avere un pezzo di terra? Per rubare il lavoro ai suoi nuovi concittadini? Per imporre la sua cultura e le sue tradizioni e cancellare quelle altrui?
Ciò che resta a smentire fandonie e calunnie sono le persone che ha amato e che l’hanno amato a sua volta.
Quel che vale, il senso di tutto, sono i figli e i loro figli, la vita, i frutti, roba banale, sdolcinata e scontata, ma abbiamo solo questo, è solo per questo che si attraversano i mari e spesso si muore.
Quei tizi che ora giocano a fare i padroni della nazione non lo capiscono e non lo capiranno mai.
È su questo che possiamo e dobbiamo essere diversi.
Nel ricordare e tenere a mente sempre, in ogni istante, che la questione è molto complessa a livello politico, economico, strategico, e aggiungete pure tutti gli aggettivi che preferite, ma a quello umano, è di una semplicità straordinaria che deve rappresentare l’imprescindibile priorità rispetto a ogni altro discorso, in qualsivoglia ambito.
Tale fondamentale punto di partenza quelli non ce l’hanno proprio nel proprio corredo genetico, o anche storico, ideologico. Non appartiene alla loro esperienza e non rientra nella loro visione del mondo.
Ma non può mancare nella maniera più assoluta in chi invece desideri essere e fare opposizione non solo nei confronti di costoro, ma anche di tutto ciò che sino a oggi continua a far morire la gente in quel modo.
Mi sbaglierò – e allora vuol dire che è un errore che ripeto da una vita – ma è la sola unica via per dare un senso al dolore, il nostro e quello degli altri.

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