Non è tutto oro quel che luccica
Storie e Notizie N. 2145
C’era una volta un proverbio, non è tutto oro quel che luccica, il quale ci esorta a diffidare di ciò che a una prima occhiata può sembrare apprezzabile e di indiscusso valore, ma qualora se ne accerti le effettive qualità e caratteristiche, si dimostra molto meno gradevole e meritorio.
Cito quale emblematico esempio la cerimonia dell’incoronazione del nuovo sovrano del Regno isolato, più che unito, celebrata peraltro con un concerto che si è distinto più per il numero degli artisti assenti, che per i pochi che si sono esibiti.
Eppure, come da tradizione, a ogni pubblica ricorrenza che riguardi i reali di Inghilterra di clamore e soprattutto bagliore ve ne sono in quantità esorbitanti. Potrei dire abbaglianti, risulterebbe assai ridondante, ma è il vero succo del discorso.
Perché nell’era delle informazioni ricavabili ovunque, con ogni mezzo, da ciascun punto del mondo, sia alla vigilia che all’indomani dell’avvento della rinnovata monarchia britannica, ciò che di indegno si cela negli angoli oscuri – o per meglio dire oscurati – del totale dell’album di famiglia, prima o poi viene alla luce, per restare in tema.
D’altra parte, è esattamente per tale ragione che sono ulteriormente incuriosito dai dettagli più grotteschi e paradossali che si trovano indisturbati sotto gli occhi di tutti.
In altre parole, non è tutto oro quel che luccica, malgrado il noto motto andrebbe ribadito con duplice valenza in tale occasione, poiché nel nostro caso non stiamo parlando affatto di oro, bensì di diamanti.
Ma che dico? Del diamante per eccellenza, il Cullinan I, detto la Grande Stella d’Africa, che con i suoi 530 carati circa è il diamante a taglio netto più grande del mondo, ricavato dal Cullinan originale, a sua volta il più grande diamante grezzo mai trovato sulla terra, per la precisione in Sud Africa.
Le parole contano particolarmente quando ciò che hai sotto gli occhi non rende merito alla vita che ci ha preceduto. Perché spesso la dicono tutta pur non volendo, oppure si avvalgono di eufemismi che è bene rettificare.
Quando leggo “Grande Stella d’Africa”, quella preposizione troncata dall’apostrofo mi ricorda e ci ricorda che il diamante era in origine africano, e che quando spesso c’è scritto “trovato”, in realtà si dovrebbe tradurre con “rubato”.
Eppure, assistendo all’ennesima incoronazione di tale simbolo del nostro continente, per quanto attualmente in una nazione che ha preso le distanze da quest’ultimo, il fulgore è immenso e se non ripari il senno, più che gli occhi, ti perdi il meglio. Ovvero il peggio per chi si vanti di quest’ultimo.
La storia con l’iniziale umiliata di un furto perpetrato nel tempo senza tribunali e tanto meno colpevoli, bensì con un elenco di illustri premiati dalla Storia dalla esse nobile.
Mi riferisco tra gli altri a Thomas Cullinan, il proprietario della miniera in onore del quale fu chiamato il diamante, il primo ministro sudafricano di allora, Louis Botha e l’uomo a cui quest’ultimo donò il gioiello, ovvero Edoardo VII, re del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, dei Domini britannici e Imperatore d'India.
In breve, tre individui macchiatisi in modi differenti ma comunque efficaci del crimine contro l’umanità chiamato colonialismo.
E la prova di quanto esso sia ancora clamorosamente impunito, tutt’altro, è che in occasione della suddetta incoronazione il famigerato diamante invisibilmente lordo di sangue innocente era ancora una volta, in bella vista, incastonato sulla punta dello scettro nelle mani del nuovo re…
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