Lotta alle Baby gang e membri fuori quota
Storie e Notizie N. 2174
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In seguito alle tragiche vicende di Caivano e Palermo, il governo targato Meloni sta per varare un decreto legge ad hoc, con misure definite stringenti dai giornali e repressive dai detrattori, all’interno di una cosiddetta lotta alle Baby Gang.
Secondo la Treccani in sociologia tale espressione corrisponde a una banda di giovani o giovanissimi dedita a varie forme di molestia o angheria nei confronti di coetanei. E non solo, aggiungo io per generalizzare e allo stesso tempo contestualizzare ulteriormente il fenomeno.
Tuttavia, leggendo quali sembrano essere nel dettaglio le parti essenziali del decreto, ancora una volta ho l’impressione che qualora il mondo degli adulti si ritrovi a prendere delle decisioni in merito al comportamento dei più piccoli, dimentica puntualmente un elemento fondamentale: se stesso. E non mi riferisco per esempio ai genitori dei cosiddetti cattivi ragazzi, per i quali – in caso non mandino i figli a scuola – si parla di pene fino a due anni di carcere.
Sto parlando di tutto quell’apparato istituzionale, politico e anche commerciale, che nei fatti è in parte corresponsabile direttamente o indirettamente del comportamento dei più giovani, in quanto cittadini, utenti o meri clienti.
D’altronde, se da un lato non ci si può aspettare nulla di diverso da un esecutivo la cui storia culturale e ideologica non ha mai previsto oltre alla suddetta strategia oppressiva uno straccio di messa in discussione delle proprie responsabilità educative e morali, credo sia comunque doveroso far notare le incongruenze in tutto ciò.
A mero titolo di esempio, banalmente, se si identifica il problema nell’uso – ovvero l’abuso – di social network, internet in generale e cellulari, arrivando al divieto di utilizzo, non si può contemporaneamente non aprire una discussione lucida e matura su quali siano le colpe di chi in qualche modo li occupa per la maggior parte del tempo, anche solo tramite la propria influenza dovuta a mezzi incredibilmente potenti, senza peraltro alcun indiscusso merito.
Risulta altresì ipocrita quanto incoerente identificare nei cosiddetti enti noprofit il luogo di recupero degli imputati di quest’opera, in buona sostanza punitiva, e allo stesso tempo mettere in crisi sempre più le possibilità di quelle stesse realtà di ottenere i fondi sufficienti per lavorare al meglio.
Inoltre, riguardo al mondo della scuola e soprattutto degli insegnanti, non è affatto risolutivo pensare di poter cambiare le cose aumentando il numero dei docenti, perché chi come il sottoscritto lavora da anni con gli adolescenti problematici sa perfettamente che non vi è una carenza di quantità, bensì di qualità nella preparazione e nella tipologia di figure professionali adeguate alle variegate situazioni da affrontare.
Tuttavia, se è la sola strada della repressione che si vuol perseguire, be’, allora onestà intellettuale o meno richiederebbe di allargare il novero dei membri di questa enorme baby gang anche a categorie fuori quota pescando in tutti i luoghi di potere di questo Paese…