L'Italia entra in guerra ma contro chi e perché?

Storie e Notizie N. 2222

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L’Italia entra in guerra, malgrado il costituzionale ripudio dichiarato nel famigerato, quanto ormai obliato, articolo 11, il quale fa eccezione per motivi di "difesa".
Qualora poi quest’ultima si giustifichi sotto forma di “azione preventiva a sostegno della protezione degli interessi alleati e continentali”, che a sua volta si traduce sovente in “ingiustificate occupazioni e altrettanto irragionevoli bombardamenti”, che il parlamento voti a favore o se ne freghi di affrontare l’argomento, il risultato è lo stesso: siamo in guerra, sì.
Ma con chi? Ovvero assieme a e, soprattutto, contro chi?
Di recente abbiamo annoverato tra i nostri avversari, ovvero il contrario, il gruppo armato degli Huthi, unendoci alla coalizione formata anche da Francia e Germania per difendere il transito delle navi nel Mar Rosso.
Mi spiego meglio con parole semplici: che siano i deputati a sottoscrivere la scelta – la qual cosa darebbe un minimo criterio di democraticità alla discesa sul campo di battaglia – o meno, il senso della questione non cambia, a mio modesto parere: A ha deciso che B, a sua volta soggetto ai capricci del precedente, sia nemico di C. E B siamo tutti noi, ecco.
A tal proposito, quindi, rivediamo in breve di quanti "C" siamo diventati nemici e per colpa di chi, il più delle volte a nostra insaputa.
In ordine sparso comincio dal Kosovo, dove nella missione Nato – si legga pure Stati Uniti, dai, siamo onesti… - il contingente nostrano è il più numeroso. Di recente pare che la crisi con la Serbia possa scoppiare ancora da un momento e l’altro, facendoci riguadagnare vecchi e nuovi nemici.
In Bulgaria e Ungheria siamo presenti sempre con la Nato e a causa dell’invasione della Ucraina siamo nemici dei russi. Ovvero, di coloro che la sostengono.
Dal 2017, sempre con la Nato, siamo nei Paesi Baltici a offrire un parola che è in voga da alcuni anni in ambito strategico militare: deterrenza. Traducendo anche questa, siamo in guerra contro i nemici degli USA, punto.
Dal 2006, assieme alle Nazioni Unite, ci troviamo in Libano a portare invece il nostro contributo di peacekeeping, ovvero mantenimento della pace. Sta funzionando alla grande, eh? Nel frattempo, nella realtà dei fatti, facciamo da scorta ai militari israeliani. Indi per cui non ci vuole molto per dedurre “contro chi” siamo in guerra in questo caso.
Sempre in Libano, di nuovo con l’ONU, dal 2015 diamo il nostro supporto all’esercito locale per fronteggiare la crisi siriana a cui nessuno più pare essere interessato. E i potenziali nemici sulla via sono di nuovo la Russia di Putin e il governo di Assad, e i loro alleati.
Per quanto riguarda l’Africa, addestrando gli eserciti del Mali e della Somalia, siamo automaticamente a nostra volta sulla lista nera di tutti i loro nemici, tra forze ribelli e separatiste.
In particolare, in un’azione congiunta dell’Unione Europea, ci siamo messi contro i pirati che infestano le coste della Somalia, anche stavolta per proteggere le navi di passaggio. Le navi con le merci. Le navi che portano roba e di conseguenza denaro. Delle navi che ospitano trascurabili esseri umani non ce ne può fregare di meno.
Missione simile è quella nello stretto di Hormuz, tra la penisola arabica e l’Iran, dove essendo presenti a protezione della prima siamo ovviamente nemici di quest’ultimo.
Infine, con 200 soldati siamo in Libia a sostegno delle istituzioni locali, sulla cui umanità, ovvero il contrario, c’è poco da commentare. In questo caso più che “nemici” trattasi di vittime inermi, sacrificate e gettate come polvere sotto il tappeto, che sia il deserto piuttosto che il Mar Mediterraneo.
Ecco “con chi” siamo entrati in guerra da un pezzo e, soprattutto, perché.
Già, perché?!

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