Evoluzione del Gioco della Guerra

Storie e Notizie N. 2236

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C’era una volta un gioco che gioco non è.
Perché la prima regola di tutti i giochi è sacra: o sono tutti a giocare, oppure si divertono solo in pochi.  Se il gioco è la Guerra, be’, quelli che non si divertono è perché muoiono o sono quelli che restano. E per alcuni di questi ultimi non è ancora chiaro cosa sia peggio.
Il Gioco della Guerra, nella prima versione moderna, è uno di quelli cosiddetti da tavolo.
È quindi un gioco con un tabellone, delle pedine, un dado, una mappa con altre all’interno, e con un inizio e una fine. A meno che il gioco non appassioni così tanto da indurre chi gioca a metterlo in pausa di tanto in tanto, per poi riprendere da dove si è lasciato. Ma mai scombinare ciò che resti sul tavolo, altrimenti i giocatori si arrabbiano e quando riprendono a giocare lo fanno con ulteriore furore e brama di vittoria.
Quello della guerra è davvero particolare tra tutti i giochi. Perché se è vero che alla fine sembra che ci siano uno o più vincitori, a distanza di tempo ti rendi conto che hanno perso tutti. E gli interessati lo capiscono soltanto perché il gioco ricomincia da solo senza che possano fare nulla per impedirlo.
Più di ogni altra cosa, da quando la si consideri progredita, la guerra è altresì gioco di parole, verificabili in quelle con cui viene raccontata a chi la cronaca di tale contesa la osservi da più o meno al sicuro.
Da cui, segue una breve sintesi della sopra anticipata evoluzione del gioco stesso dall’inizio del secolo scorso.


In ben due Guerre mondiali si è parlato di uno scontro che “scoppia”, che si “dichiara” e si “minaccia”, dove si “corre alle armi” e nel mentre si “disegna” il fronte, in cui ci si auto “glorifica” e si “inventano eroi”. Quindi ci si “vergogna” di non aver completato il gioco stesso a ogni costo e si “alimenta” la suspense” negli inermi lettori, gli amici si trasformano in “nemici” e come al solito qualcuno insiste nel ricordare a tutti quale sia il “reale prezzo” per giocare.
Quindi vi è la lunga fase della Guerra fredda, che forse non si è mai conclusa del tutto. Un gioco di “sospetti” e “paura”, di conflitti “interni” ed “esterni”, mentre la fragile maggioranza chiede invano di essere tenuta “fuori dal gioco”.
Come non menzionare poi le Guerre da film, più che il contrario, dove si costruiscono o si formano in modo autonomo fazioni di pubblico a “parteggiare” per l’uno o per l’altro, mentre si sbatte l’orrore in “prima pagina” perché il gioco si fa spettacolo e dev’essere venduto.
Passiamo ora alla fase che forse ricordiamo meglio, quella della Guerra del terrore in tempo di pace, dove è giustappunto in gioco la “libertà” e il “numero dei morti” pesa più di questi ultimi, in cui non conta chi attacchi e soprattutto perché, ma solo “colui” che venga aggredito, perché tanto, il “nemico” è già stato deciso da tempo.
Nel mentre, vi sono le Guerre sullo sfondo, che in realtà non sono altro che capitoli del gioco più grande che vanno avanti da generazioni. E allorché le urla di “rabbia e orgoglio” e quelle di “dolore” si confondono tra loro, diventa ogni anno che passa più difficile capire di chi sia la colpa. Ma forse lo scopo è sempre stato quello.
Infine, eccoci al gioco della guerra attuale, detto anche il Gioco dei droni, parole in apparenza innocue come se non fossero in grado di fare male.
È la Guerra dei paradossi, un gioco di aggressori per legittima difesa e aggrediti vendicativi, di sterminatori per protezione e vittime innocenti ree di complicità con i colpevoli ovunque essi siano, di pareggiamento dei colpi ricevuti e di giusta risposta contro questi ultimi, e poi si ricomincia da capo. È altresì il valzer dei veti e delle condanne sommarie degli altrettanto sommi tribunali, che per quanto lodevoli, sempre di gioco da tavolo si tratta. E al momento della pausa tutti a fare merenda, perché quando ci si diverte viene appetito, si sa.
C’erano una volta in conclusione il Gioco della Guerra e la sua evoluzione, che tali non sono per eccellenza e definizione.
Perché ogni gioco, o scherzo, è bello quando dura poco, mentre questo va avanti da così tanto tempo che finirà soltanto se non saremo più in grado di tirar fuori in ogni epoca nuove bugie per raccontarlo. O, al contrario, perché avremo finalmente trovato tutti e ovunque il coraggio di dire davvero cosa sta succedendo...

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