Quando il caldo uccide come difendersi
Storie e Notizie N. 2246
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C’erano una volta il caldo e l’estate.
Ovviamente intesi come il naturale quanto necessario alternarsi di temperature e climi a vantaggio del pianeta e chi lo abita.
Già, c’erano, ma è ormai storia vecchia quella delle stagioni schizofreniche o addirittura affette dalla fantomatica sindrome da personalità multipla.
Quella più recente ci dice che ci sono, più che c’erano, ondate di calore terrificanti che come altrettanto temibili e invisibili mostri divorano vite in quantità sempre più grandi.
Solo tre anni fa uno studio della Monash University di Melbourne, Australia, parlava di ben cinque milioni di persone decedute ogni anno a causa di temperature oltremodo basse o troppo alte, ma segnalando un aumento crescente dei decessi dovuti al caldo.
In particolare, alcuni mesi addietro una ricerca dell’Unione Europea ha stimato in 61.000 i morti a causa del caldo nel vecchio continente, un tema che secondo l’agenzia meteorologica delle Nazioni Unite i governi del mondo devono considerare una priorità.
Da cui la domanda: come ci viene consigliato di affrontare un caldo che è in grado di mettere a rischio la sopravvivenza di molti di noi?
Ho cercato in rete suggerimenti e guide e ho trovato alcuni contenuti interessanti almeno sulla carta, ma sono rimasto con dei dubbi, perché qui non si sta parlando solo di noialtri, bensì di chiunque, il che vuol dire ciascun essere umano sulla Terra.
È un concetto banale e semplice, in teoria, ma spesso è ciò che determina qualsiasi strategia sul presente e possibilmente il futuro.
Ho letto i consigli dell’Unicef per proteggere la propria famiglia e soprattutto i bambini, dove si spiega cos’è “un’ondata di caldo”, si esorta a “essere preparati”, e al contempo di “mantenere la casa fresca”, di restare “idratati” e “lontano dal caldo”.
Ovviamente quest’ultima è preceduta dalla necessaria premessa: se puoi evitarlo, il caldo.
Esatto, se puoi…
In caso contrario, ecco che arriva in aiuto la Croce Rossa britannica: "applicare e riapplicare regolarmente la protezione solare", "coprire la testa con un cappello", "fare delle pause all’ombra" e "indossare abiti chiari e larghi". O, anche, "inzuppare d’acqua la maglietta", "acquistare uno spray rinfrescante" e – udite udite – "fare una doccia fresca".
Certo, tutto giusto, ma come poc’anzi, stavolta aggiungo io: se puoi farlo.
Altrimenti, be’, oltre a fornire indicazioni simili a quanto già detto, l'Universita di Yale invita a recarsi “in un centro commerciale, una biblioteca o un ristorante, ovunque ci si possa rinfrescare”. Ricordando che “trascorrere anche solo poche ore in un ambiente climatizzato può aiutare il corpo a rimanere più fresco una volta tornati al caldo.”
Pure in questo caso, tutto condivisibile qualora sia possibile, ma sfortunatamente c’è sempre un “ma” per ciò che in pochi possono dare per scontato e riguarda miliardi di persone, alcune delle quali vivono anche nel nostro Paese.
Di certo non è utile a costoro il prospetto suggerito dal nostrano Ministero della Salute con i vari livelli di rischio e la spiegazione su cosa fare di fronte a ciascuno di essi.
Perché ciò che ad esempio viene consigliato per il più pericoloso, l’ultimo, ovvero “condizioni di emergenza (ondata di calore) con possibili effetti negativi sulla salute di persone sane e attive e non solo sui sottogruppi a rischio come gli anziani, i bambini molto piccoli e le persone affette da malattie croniche”, è composto ancora una volta da rimedi che la maggior parte delle persone più indigenti non è in grado di permettersi, come quello di evitare “di esporsi al caldo e al sole diretto o di svolgere attività fisica intensa all’aria aperta durante gli orari più caldi della giornata.”
Con un po’ di impegno, alla fine ho trovato qualcosa di utile anche per chi non ha l’aria condizionata a portata di mano o addirittura acqua da sprecare per bagnare la maglietta. Addirittura tre idee su cui riflettere.
La prima è un’App ideata da Iphigenia Keramitsoglou, una fisica dell'atmosfera greca specializzata in dati di telerilevamento, che si chiama Extrema Global e in caso di caldo estremo indica in tempo reale una mappa con luoghi in cui rinfrescarsi e non solo centri commerciali e ristoranti, ma anche parchi, fontane e fontanelle con acqua pubblica.
Ancora più lodevoli trovo le altre due.
La seconda è una polizza assicurativa che funge da rete di sicurezza nei giorni di caldo pericoloso, offerta dalla Self-Employed Women's Association, un'organizzazione di 2,9 milioni di donne. È stata lanciata da un’esperta americana di finanza climatica, Kathy Baughman McLeod, che dirige un gruppo no-profit chiamato Climate Resilience for All. Quest’anno si sono iscritti 50.000 membri tra venditori al mercato, agricoltori di sussistenza e riciclatori di rifiuti.
L’ultima idea, che trovo la migliore, è basata su un diritto sacrosanto di questi tempi: il diritto all’ombra. È opera di Edgar Franks, il quale, negli USA come molti figli di braccianti agricoli, aiutava i suoi genitori nei campi prima di frequentare la scuola media.
Ora che ha 44 anni, Franks aiuta una nuova generazione di famiglie di contadini ad adattarsi al nuovo pericolo, ovvero le temperature estreme, mescolate a volte con il fumo degli incendi che incombe fitto sui campi, organizzando i lavoratori agricoli per fare pressione sul proprio governo affinché metta in atto nuove regole per proteggere la salute dei contadini, come giustappunto il diritto per legge di chiedere ombra, acqua e pause retribuite quando il caldo si fa insopportabile.
Ecco cosa serve. Idee, più che consigli, e soprattutto persone che si impegnino a realizzarle e che riguardino tutti, a cominciare dagli individui i cui diritti vengono calpestati in maniera sistematica e istituzionale.