Cosa non sanno gli indigeni
Storie e Notizie N. 2249
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Questa è una storia vera.
La parola indigeno letteralmente vuol dire nativo e originario del luogo.
Tuttavia, nell’accezione di molti, da tempo ormai, trova maggiore diffusione una definizione errata e fuorviante nata come sinonimo del termine: membro di popolazioni primitive, o comunque incivili e rozze. In un’altra, per quanto imprecisa parola, selvaggio.
Sarà.
Sarà che per ciò che ho visto nella mia vita fin qui, se penso a persone incivili e rozze, non mi vengono in mente le suddette popolazioni primitive, bensì l’opposto. Ma sono punti di vista, ecco, perché si era parlato di una storia vera.
C’era una volta la tribù dei Mashco Piro, che vive nella foresta Amazzonica su territorio peruviano. Sono considerati il popolo incontattato più numeroso al mondo, con una popolazione di oltre 750 persone.
Di recente sono saliti agli onori della cronaca per alcune immagini diffuse da Survival International, il Movimento mondiale per i diritti degli indigeni.
Nelle foto è possibile osservare una decina dei membri della tribù sulle rive di un fiume vicino a dove le compagnie di legname hanno delle concessioni, le quali mettono a rischio la sopravvivenza della tribù stessa.
Non è qualcosa di nuovo nella loro storia. Come raccontano quelli di Survival, nel tempo sono sopravvissuti a massacri e schiavitù, ma la determinazione a difendere il proprio territorio non si è mai affievolita, nonostante le invasioni e le aggressioni dei colonizzatori e dei distruttori di vite e natura minaccino il loro presente, ancora prima del futuro, sin dal diciannovesimo secolo.
Eppure, dal cuore della presunta civiltà dalla quale osserviamo le immagini che li ritraggono seminudi sulla sabbia o tra gli alberi della foresta amazzonica, sono certo che una parte di noi si faccia sentire con veemenza per difendere ciò su cui abbiamo costruito la nostra modernità. E allora, per dare un senso alla nostra vita, inevitabilmente quel lato più o meno radicato all’interno del cervello ci mormora nell’orecchio: “Poverini, vero? Quante cose probabilmente non sanno. Procedendo in ordine sparso, anzi a casaccio, non sanno cos’è il Wi-Fi e che Biden dovrebbe dimettersi; non sanno cosa sia un reality show e neppure una chiavetta usb; non sanno cosa comporti lo sciopero dei mezzi pubblici e non sanno neppure cosa vogliano dire espressioni come “morti sul lavoro” o “suicidi in carcere”; non conoscono nemmeno il concetto di incidente stradale, blackout o attacco informatico; neanche attentato terroristico o fenomeno delle baby gang; non sono in grado di capire un’infinità di questioni più che mai urgenti dalle nostre parti, come gli orsi in città o il calcio mercato che non è ancora entrato nel vivo; non sanno cosa siano un autovelox, l’indice di gradimento, un video virale, la fuga dei cervelli, una multa non pagata, le bustarelle, una ruota bucata, il rubinetto che perde, il condizionatore o il ventilatore che fanno troppo rumore la notte, il tasso dei mutui che è aumentato, il piano ferie, le buche in strada e il cellulare che non si carica più.
Be’, sappiamo tutti che la vocina di cui sopra potrebbe andare avanti quasi all’infinito nel cercare strenuamente di convincerci che i fortunati siamo noi.
Perché non sanno, gli indigeni.
Non sanno la maggior parte di quel che sappiamo noi.
Ebbene, in questo istante, non posso fare a meno di sforzarmi di far luce e concentrarmi soltanto sull’essenziale di quel che loro sanno, augurandomi per mia fortuna, di non averlo dimenticato del tutto…