Ci sono molte cose che gli occhi non vedono
A tener fermo lo sguardo sul mondo si rischia di perdere la velocità dei sogni è a mio modesto parere una delle frasi più belle che ho letto nel prezioso libro del compianto Marco Calabria dal titolo quanto mai evocativo e suggestivo: Gridare, fare, pensare mondi nuovi, edito da Elèuthera Edizioni.
Tra le pagine di questo volume, ovvero nei riverberi della voce di Marco, ho percepito una poetica dolcezza, o dolce poesia se preferite, davvero toccante.
Ho sempre pensato riguardo a molti tra coloro che usano le parole per esprimersi, che il modo migliore per conoscerli a fondo è leggere tra le righe dei loro scritti e nel caso di questo testo, oltre a una passione travolgente per i propri ideali, è proprio questo ciò che ho avvertito di più: dolcezza e poesia.
La lettura, in ogni caso, mi ha dato molto da pensare. Sul mondo che ci circonda, ma anche su me stesso e ciò che faccio per vivere.
Ad esempio, la citazione che fa Marco da Le labbra del tempo di Eduardo Galeano riguardo a la vecchia che vuole soltanto essere toccata. Mi ha spinto a pensare al lavoro nei luoghi di cura che svolgo da decenni, dove l’essenza dell’incontro in grado di portare benefici a coloro che chiedono solo di sentirsi un po’ meglio di prima è sintetizzato dall’espressione “persone che incontrano persone”, che si conoscono dandosi la mano e a fine percorso si salutano con un abbraccio che vorresti durasse per sempre.
Un’altra riflessione quanto mai attuale è quella sull’importanza della lotta contro se stessi e sulla fondamentale funzione delle domande. Marco ha messo al centro l’essenza del problema di chi dovrebbe/vorrebbe cambiare le cose in meglio ovunque nel mondo.
Di Pasoliniana memoria, ovviamente, ma di recente ho letto un altro bel libro che si chiama Nexus. L’autore, Yuval Noah Harari, sostiene qualcosa di coerente, ovvero che l’unico modo per progredire ed evolverci in ogni luogo, ambito e contesto è avvalendosi di un solido meccanismo di autocorrezione.
Altro punto centrale nel libro è il ruolo indispensabile del movimento nella vita di ciascuno di noi. Ciò mi ha indotto a ripensare al tradizionale monito delle Nazioni Unite alle popolazioni che si trovino in zone di guerra, disastri e/o tragedie sociali. L’invito è a non restare mai fermi, consigliando di spostarsi di continuo, giacché ciò aumenta esponenzialmente la possibilità di salvarsi la vita.
Naturalmente, mentre nel mondo ci sono nazioni che vivono tali sciagure e altre che godono di condizioni ben più sicure e pacifiche, il movimento di cui parla Marco è a mio umile avviso necessario ovunque. Laddove non vi sia il bisogno di sopravvivere letteralmente, vi è la necessità di farlo intellettualmente e spiritualmente a ogni livello.
Muoversi e non restare troppo fermi è consigliabile sempre e dappertutto.
Un altro passaggio che ho trovato ispirante è quello sul paradossale apprezzamento della crisi mondiale, in particolare delle società capitalistiche. Mi ha fatto pensare alle improvvise crisi dei giovani con cui lavoro durante il rispettivo percorso nei luoghi di cura. Al netto dell’inevitabile sofferenza, rappresentano in realtà occasioni propizie per affrontare finalmente la radice dei propri problemi.
Indi per cui, coraggio, cogliamole anche noi e approfittiamone per stare meglio tutti.
Ulteriore spunto mi viene dalle pagine dedicate all’analisi della Rete, davvero interessanti, e in altro contesto sull’elogio del silenzio, un altro invito da tenere a mente.
Dal canto mio, mi sono permesso - perlomeno nella mia testa - di unire i due concetti.
Ci vorrebbe per tutti un po’ di silenzio nell’uso che facciamo di Internet, per esempio placando l’immotivata necessità di dire qualcosa a tutti i costi. La buona novella è che si può stare zitti e lasciare la bacheca del social in bianco. Leggendo, ascoltando e riflettendo, non c’è nulla di male.
Nel frattempo, dobbiamo generare altri modi di abitare e convivere, come dice a Marco la filosofa argentina Carolina Meloni González.
Tuttavia, non me ne vogliano le avvolgenti e stimolanti interviste presenti nel libro, il capitolo che mi ha toccato maggiormente – essendo il sottoscritto un narratore – è il racconto Ritratto della signora V, una ribelle piuttosto comune, una storia spettacolare uscita su Carta che mi ero perso. Una vera chicca. Quindi c’era anche un narratore di storie, in quest’uomo, oltre che un attento e sincero cronista degli ultimi del mondo.
Vorrei concludere citando dei passaggi che mi porterò dietro per sempre.
Come l’invito a vivere rispettando il tempo e la velocità del passo di tutti, ma sempre animati dalla voglia di cercare, magari dove non si prevederebbe di poterlo fare. E sempre pieni di domande.
Lo segnala per una volta l’orologio, uno dei nemici più spietati dell’esistenza infantile. L’avversario quasi invincibile che aggredisce i bambini sull’uscio dei sogni alle prime luci del mattino: “Dai, svegliati, la colazione è pronta! Ma fai presto, stamattina ti ho lasciato dormire. Adesso però devi correre…”
Mi sbaglierò, ma credo che valga anche per gli adulti. Sono più che convinto che pure il nostro la pensi così.
Perché in ciascuno di noi, ovunque, a prescindere dall’età, ci sono molte cose che gli occhi non vedono, c’è bisogno del cuore...
Be’, grazie ancora, Marco.