Storie di guerra ad Aleppo: come ne usciamo

Storie e Notizie N. 1387

Secondo l’Unicef dallo scorso venerdì a oggi, solo nella zona orientale di Aleppo, in Siria, almeno 96 bambini sono stati uccisi e 223 sono stati feriti.
"Questi bimbi sono intrappolati in un incubo", ha dichiarato il vice direttore esecutivo Justin Forsyth. "Non ci sono più parole per descrivere le sofferenze che stanno vivendo."


Non ci sono più parole, per noi.


Intrappolati in un incubo.

Forse ne usciamo solamente per raggiungere immagini più o meno manipolate.
Spiattellate tra una formosa presunta diva e una nuova super accessoriata succhia benzina.
Al peggio normalizzate nel grande silenziatore chiamato notizie dall’estero.



Magari ne usciamo anche tirati in ballo in un discorso ispirato.
Nel senso di partorito da ben altra pancia della voce intonante.
Perfino in una guerrafondaia adunata di imbroglioni da colombe vestiti.

Potremmo anche uscirne in una preghiera, peraltro


sentita come il cielo comanda.
Con tutti i crismi, come si suol dire.
Ricordati con una compassione netta e poi tutti in piazza, che c’è ancora il sole.
Senza alcun rancore, davvero, la luce è luce ovunque e non va sprecata.



Capita anche che ne usciamo nobilitati oltremodo nel magico regno di sua maestà finzione, tra film e canzoni, video impegnati e perfino paginette come questa.
Protagonisti di istanti dal valore imprevedibile.
Perché, come è sempre stato e sempre sarà, è il pubblico a decidere vita e morte di parole e sogni, giammai l’illuso narratore.

Di sicuro ne usciamo nel peggiore dei modi, segnati

come numeri tra numeri nei sanguinosi elenchi che avranno peso solo in un domani tra i tanti a venire.
Allorché lo sguardo che misurerà l’inumana somma si sentirà abbastanza innocente dal farlo.

Di rado ne usciamo per indicibile fortuna o inaspettata mala sorte, senza vie di mezzo. Dipende, anche questo senza sorpresa, da coloro che ci accoglieranno alla fine del viaggio tra mare e terra.


Ancor più raramente ne usciamo per frazioni di tempo altrettanto prigioniere, tra una maledizione e l’altra, tra un fuoco amico e un refuso minatorio. Fuggevoli finestre irreali, talmente brevi e rarefatte che davvero in pochi le riconoscono, subito prima che il cielo si tinga di rosso ancora una volta.
I soliti, ostinati visionari, che questa maltrattata vita li benedica.

Ne usciamo invadendo notti e sogni di chi ci ha visto con i propri occhi, portando l’incubo anche da loro. Ecco, questa è l’occasione per chiedere perdono agli sguardi che da noi son giunti con il cuore smobilitato.

Così ne usciamo, così ti hanno fin qui raccontato.

Ne usciamo in tutti questi modi, ma nessuno di essi accade davvero.
Perché al contrario sei tu che esci dal tuo, incubo o meno, quando guardi e leggi di noi.
E perché esiste un solo luogo al mondo dove tutti saremo, finalmente, davvero liberi e in pace.
Solo dove liberi in pace.
Saremo.
Tutti.


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