Storie con morale: Trump e il popolo che spinge

Storie e Notizie N. 1476

Il video di Trump che al G7 sposta bruscamente di lato Duško Marković, premier del Montenegro, ha già fatto il giro del mondo.
Non so voi, ma il film del presidente che si distingue tra i rispettivi colleghi internazionali per azioni o affermazioni imbarazzanti mi sembra di averlo già visto.
A ogni modo, ciò che risalta stavolta è la peculiarità dell’inopportuno gesto.
Mentre il premier nostrano interpretava il ruolo del clown, negli stessi giorni in cui il deputato repubblicano Greg Gianforte si libera con la forza di un reporter del Guardian, il nuovo capo del governo americano recita la parte del bullo, facendo lo stesso con coloro che osino frapporsi tra lui e la migliore inquadratura
.

Eccolo, il popolo che spinge.
Che ringhia e sbava, che urla e di collera ribolle, se non è lì.
Sulla prima fila, dove dicono che le poltrone siano più comode.

Là, dove puoi fare solo domande e puoi permetterti l’agognato lusso.

Di non rispondere.
Va di moda, l’uomo dal cervello con i bicipiti.
Dal cuore anabolizzato e l’anima pompata allo stremo, fino a far emergere le vene.
Che si veda il sangue e il suo scorrere imperterrito, indifferente a ogni ostacolo sulla via, soprattutto se malato di senno e fantasia.
La peggiore accoppiata per il guerriero dalla vista breve e le mani grandi, l’unione inammissibile per eccellenza, il vero matrimonio da bollar come incivile.
Perché laddove la propensione alla conoscenza delle cose si stringa in un abbraccio virtuoso con l’arte di disegnar castelli rigorosamente privi di gravità, l’antica formula si fa invincibile.
Non puoi spingere ciò che non puoi afferrare, in ogni senso.
Puoi solo ucciderlo, e la storia lo dimostra, oh se lo fa.
Perciò non è sufficiente allontanar con violenza la fastidiosa presenza.
Va fatto con clamore, sotto il coro di flash e microfoni assetati di trasgressione.
Tutti devono vederlo.
Tutti devono imparare.
E tutti devono ricordare.
Che si può fare.
Che si deve fare.
Altrimenti si rimane indietro.
A blaterar frasi sconclusionate e ridere senza ragione, a vantarsi con i bruti pari delle vili imprese e a condivider l’odio per gli altri. Leggi pure come coloro che non hanno bisogno di spingere i più deboli, per farsi largo nel mondo.
Eccolo, quindi.
Il popolo che spinge e, necessariamente, respinge.
Poiché non c’è pace, nel petto, per chi non ha altro modo per restare in sella.
Sol di guerra è il discorso, l’unico, con parole differenti, ma il monologo dell’uomo solo non muta.
E’ lo stesso dall’inizio dei tempi.
Io sono e voi tutti, se non obbedirete, siete.
Nemici.
Tuttavia il gioco ha le sue regole immutate.
Provate ad alzar la testa.
E il capo spingerà.
Cercate di dir la vostra.
Il capo tenderà le braccia ancor di più.
Unite il vostro grido a quello degli altri.
E vedrete, come è già accaduto, l’uomo che sa solo spingere perdere l’equilibrio e cadere.


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