Lettera a Babbo Natale dall'Italia
Addì 23 Dicembre 2008
Roma, Italia
Caro Babbo Natale,
ti scrivo da un paese situato nel mezzo del mediterraneo, un posto pieno di contraddizioni, appesantito da molti più ed altrettanti meno, tristemente accostati l’uno all’altro.
Siamo il paese con il più alto numero di anziani in Europa.
Forse nel mondo.
Il paese con meno lettori di libri in Europa.
Nel mondo mi auguro di no.
Il paese con i politici pagati di più in Europa.
Anche nel mondo, ma questa la cancello, mi vergogno troppo.
Il paese con meno fondi spesi per la ricerca in Europa.
Nel mondo non lo so.
Eppure sono qui, a scriverti questa mia, perché amo il luogo in cui sono nato, perché amo la terra in cui riposa mio padre e perché amo la nazione in cui è nato mio figlio.
Anche solo per queste ragioni, non posso altro che desiderare qualcosa di meglio dal futuro, se non altro per quest’ultimo.
Non chiedo nulla per il sottoscritto, non ho pretese. Non so se sia stato talmente buono da dover ricevere dei doni, tuttavia, penso che i nostri figli, per il solo fatto di essere al mondo, meritino di meglio di quel che c’è oggi.
Sai cosa vorrei per questa mia cara Italia?
Vorrei che al governo del mio paese ci fossero persone della cui onestà non ci sia alcun dubbio.
Vorrei che la gente che va a votare si procurasse la foto della persona che intende mandare al potere e la guardasse attentamente per qualche attimo, ponendosi la seguente domanda: mi posso fidare di lui? Mi posso fidare al punto da affidargli il futuro di mio figlio?
Vorrei una chiesa cattolica che si preoccupasse solo degli ultimi, di coloro che sopravvivono a stento ai margini di tutto, che facesse il massimo per assomigliare a Gesù Cristo invece che al Papa di turno.
Vorrei dei giornalisti che si rendessero conto cosa significhi avere il privilegio di una penna seguita da tanti e che le parole possono veramente salvare il mondo.
Vorrei degli scrittori che si dimostrassero pubblicamente grati, giammai tronfi, bensì riconoscenti, per nulla al mondo altezzosi, consapevoli del fatto che nel caso i loro scritti supereranno il tempo, se c’è proprio qualcuno da celebrare, quel qualcuno sono i lettori, ognuno di loro, dal più colto al più ignorante.
Vorrei dei calciatori acclamati esclusivamente per aver fatto un bel goal, invece che per quanti soldi prendono, perché giocano in una grande squadra o perché hanno una bella moglie.
Vorrei un presidente del consiglio capace di guardare in faccia chiunque, dal più severo dei giudici al meno influente dei cittadini e dire: “Non c’è nulla sul mio conto di cui mi si può accusare, poiché non esiste niente con cui sono in conflitto oltre alla povertà e l’ingiustizia nel mio paese”.
Vorrei che il presidente della Repubblica chiamasse le cose con il loro nome. Ad esempio missioni di pace le centinaia di vite che lavorano e faticano dove c’è bisogno nel mondo, tra ong e onlus, e missioni di guerra gli interventi militari nei sanguinosi conflitti di cui siamo corresponsabili.
Vorrei che gli impiegati della televisione pubblica si ricordassero che sono lì per il pubblico e non il contrario.
Vorrei che le grandi case editrici cominciassero a pubblicare libri perché credono veramente che siano degni di essere letti, a prescindere da chi sia l’autore.
Vorrei che gli insegnanti la smettessero di avere paura dei loro studenti.
Vorrei che i genitori sapessero, in ogni momento che si trovano davanti i loro figli, che averli messi al mondo significa aver dato loro una famiglia e non viceversa.
Caro Babbo, ecco alcune cose che vorrei. In verità, sarei un po’ in là cogli anni e non so se prenderai in considerazione le mie richieste.
Lo so, forse voglio troppe cose e un desiderio tira l’altro.
Eppure, primo fra tutti, desidero che tu esista, poiché vorrei tanto svegliarmi il 25 dicembre e sentirmi orgoglioso di vivere qui.
Alessandro Ghebreigziabiher
(Foto da Wikipedia)